domenica 29 gennaio 2017

Elle (2016)

La marcia di avvicinamento all'Oscar, fomentata anche dalla vittoria di Isabelle Huppert ai Golden Globes, mi ha portata a recuperare Elle, diretto nel 2016 da Paul Verhoeven e tratto dal romanzo "Oh..." del francese Philippe Djian.


Trama: Michèle, ricca donna in carriera, viene violentata da uno sconosciuto in casa, in pieno giorno. Nonostante le costanti minacce dell'uomo, Michèle continua comunque a vivere come se nulla fosse successo, pur cercando di scoprire l'identità del violentatore...



Non sarà facile per me parlare di Elle, l'ultimo film di Verhoeven, tante sono le reazioni contrastanti che mi ha suscitato. Probabilmente è la prima volta che un film mi ha presa così tanto nella prima parte, come spettatrice e come persona, per poi deludermi amaramente nella seconda, arrivando ad accostarsi a quel cinema psicologico morbosetto che più che toccare le mie corde le pizzica infastidendole. Semplificando una pellicola che di semplice non ha proprio nulla, a partire dal delicatissimo argomento trattato, oserei dire che Elle è ambiguo quanto la sua protagonista, una splendida e magnetica Isabelle Huppert, talmente affascinante che vien da chiedersi questi 64 anni anni che si porta appresso dove li abbia nascosti. Elle, come da titolo (il romanzo si intitola "Oh..." e chissà quale accezione viene data a questa esclamazione...), è la storia di una donna, una donna dotata di una fortissima personalità, per inciso. Il film si apre con una sequenza agghiacciante, che sbatte in faccia allo spettatore tutta la brutalità di uno stupro compiuto in pieno giorno e per di più in casa della vittima. Uno si aspetterebbe che Michèle, questo il nome della protagonista, chiamerebbe la polizia o perlomeno si disperasse, invece la prima cosa che fa la donna è rialzarsi e riassettare, per poi  farsi un bagno ed ordinare una cena cinese a domicilio per lei e il figlio, al quale non racconta nulla. I motivi di questa reazione anomala lo spettatore li scoprirà col prosieguo del film, che non sto ovviamente a raccontare, ma più interessante di ciò che sta dietro a questa scelta è arrivare a conoscere Michèle e coloro che le stanno accanto, esempi di varia umanità uniti in un dedalo di relazioni grottesche ma in qualche modo affascinanti. Intriga, di Elle, il modo distaccato in cui Michèle affronta non solo la sua tragedia ma anche il legame con l'ex-marito (uno scrittore fallito), il figlio (forse più fallito del padre, fidanzato con un'"artista" incinta di un figlio non suo), la madre (una vecchia dipendente dalle operazioni di chirurgia plastica e dotata di amante più giovane della figlia), il padre (la vergogna della famiglia), i vicini di casa (un anonimo bancario che diventa l'interesse sessuale di Michèle e la sua moglie bigotta) e tutto il nugolo di amici e colleghi che popolano le sue giornate, passate all'interno di un'azienda che produce videogame. Di fatto, non c'è un solo momento del film in cui la protagonista non interagisca con qualcuno, fosse anche il gatto, e l'intera realtà che la circonda viene quindi filtrata dal suo sguardo imperturbabile, lo sguardo di chi ha già provato sulla pelle un orrore indicibile e quindi non può più venire scalfita o stupita da nulla, neppure dai contenuti ributtanti del videogame che è impegnata a sviluppare.


Il punto di vista distaccato di Michèle trasforma quindi la prima parte della pellicola in una sorta di dramma/commedia dell'assurdo, lo specchio di un'umanità che non è neppure vuota, bensì bipolare: non c'è nessuno veramente buono o cattivo nel film, chiunque, protagonista compresa, abbraccia luce ed oscurità con una noncuranza e una purezza tali da essere sconcertanti (per esempio, Michèle va a letto col marito della sua migliore amica ma non lo fa con l'intento di farle del male. E' capitato per otto mesi, punto, ma l'amore di Michèle per Anna in tutto quel periodo non viene mai messo in discussione). Questo, unito alla curiosità di capire chi sia tra tutti questi personaggi l'aggressore di Michèle, avvince lo spettatore come l'edera e giuro che io sarei rimasta per ore ad ascoltare i dialoghi tra i personaggi e a spiare le dinamiche di questo assurdo spaccato di società francese. Il problema è che, ad un certo punto, l'identità del violentatore viene scoperta e da lì in poi ho avvertito la netta trasformazione del distacco "divertito" dell'inizio in una raffazzonata superficialità, in un banale desiderio di scioccare lo spettatore con della psicoanalisi d'accatto e degli scoppi di violenza assolutamente non catartici, né per i personaggi né per chi si trova davanti allo schermo. Se all'inizio le reazioni di Michèle sono assurde ma in qualche modo condivisibili, dopo la svolta centrale esse diventano gratuite, al punto che anche una sequenza forte come quella del confronto col padre perde quasi di valore, considerato quello che avviene subito dopo; certo, un po' di curiosità rimane, il desiderio di capire perché Michèle agisca in un certo modo, resta però anche l'attesa di qualcosa di più "profondo" rispetto al cliché del trauma passato e della società che crea mostri, attesa che si perde in un nulla di fatto e in un'alzata di spalle che sa tanto di incompiuto. Dalle recensioni del romanzo mi è parso di capire che i realizzatori di Elle abbiano sorvolato su alcuni dettagli importanti, utilizzandone altri come mere note di colore, al punto che mi chiedo se l'intento di Verhoeven non fosse quello di tornare semplicemente a scioccare l'audience, cosa che gli ha fatto un po' perdere le redini del progetto. Peccato, perché la Huppert è magnifica e il resto del cast gode di rimando dell'aura di questa splendida attrice brillando come raramente mi è parso di vedere in un film francofono (la sequenza della scena di Natale a mio avviso è strepitosa, un compendio di pura cattiveria) però in definitiva Elle mi ha fatto lo stesso effetto di un piatto che si inizia a mangiare con la foga dell'entusiasmo per poi ritrovarsi a faticare per finirlo. E non è detto che non ci siano difficoltà anche a digerirlo, eh.


Del regista Paul Verhoeven ho già parlato QUI mentre Christian Berkel, che interpreta Robert, lo trovate QUA.

Isabelle Huppert interpreta Michèle Leblanc. Francese, la ricordo per film come I cancelli del cielo, La pianista, 8 donne e un mistero e Amour. Anche produttrice, ha 64 anni e sette film in uscita.


Inizialmente, la produzione di Elle avrebbe dovuto svolgersi in America ma nessuna delle attrici interpellate, tra le quali Nicole Kidman, Sharon Stone e Julianne Moore, ha voluto affrontare un personaggio come quello di Michèle e l'intera operazione è stata quindi trasferita in Francia; lì, è stata la Huppert a leggere il copione, ad accettare la parte e a proporre Verhoeven come regista. Detto questo, se Elle vi fosse piaciuto provate a recuperare La pelle che abito. ENJOY!

12 commenti:

  1. Mi ha affascinato tanto, la Huppert è bellissima e bravissima in parti uguali, però neanch'io l'ho compreso tanto. Qual era il punto? Cos'era, un rape and revange o una commedia nera? Mi sono spoilerato volontariamente la trama del romanzo e posso dirti che Verhoeven, di cui una decina di anni fa avevo amato Black Book, non ha colpe. Tutto rirpreso pari pari, buchi e dubbi compresi; se non sbaglio, però, lì la protagonista si occupa di cinema. Non appena esce anche da noi, magari, lo riguardo e ci scopro una chiave di lettura. :)

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    1. Io punto più sulla commedia nera, tuttavia, da donna, ho provato un po' fastidio. Va bene arrivare ad essere privi di aspettative verso il mondo, però non so. Appena avrai trovato LA chiave illuminami!

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  2. bravissima lei, ma alla fine mi è parso che il film non quagli ...

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    1. Effettivamente, sul finale si rimane con un mezzo punto interrogativo sulla capoccia.

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  3. Ne parlerò anch'io in vista degli Oscar: film per me un pò inutile, che non si capisce bene dove voglia andare a parare.
    E ti dirò, lei mi è parsa troppo gigioneggiante.

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    1. Secondo me è un po' il modo di recitare che hanno i francesi, però a me lei è piaciuta davvero molto. Per quel che riguarda il film, invece, bene ma non benissimo, come si suol dire.

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  4. Da una parte mi attira, dall'altra tutti questi pareri poco convinti sul finale mi scoraggiano.

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    1. Non saprei se consigliartelo o meno, sono sincera. E' un po' brutale e sul finale potresti anche provare una botta di nervoso. Magari leggi il libro prima!

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  5. Io, dall'alto (o dovrei forse dire dal basso?) del mio punto di vista maschile non ho notato un particolare stacco tra la prima e la seconda parte...
    A me nel complesso è piaciuto abbastanza, anche e forse pure per merito del suo essere sfuggente.

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    1. Per piacere è piaciuto anche a me ma quella seconda parte mi ha perplessa. Cioé, l' ho vista messa proprio come una provocazione senza motivo (ma sicuramente non l'ho capito io, ci mancherebbe!!) e mi dispiace perché all'inizio ero esaltatissima...

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  6. Ma perché da me non c'è, buuuuuh!!! Che dici, elle (lei, la Huppert :-p) lo scipperà l'Oscar alla Stone?

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    1. Assolutamente no (e me ne dispiaccio, sinceramente) ma il tentativo ci sta tutto! XD

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