domenica 30 novembre 2014

Big Bad Wolves (2013)

Dopo aver visto The ABCs of Death 2 mi sono ricordata che dovevo ancora recuperare Big Bad Wolves, diretto e sceneggiato nel 2013 da due dei registi dell'antologia horror per eccellenza, Aharon Keshales e Navot Papushado.


Trama: dopo una serie di brutali omicidi ai danni di alcune bambine, un poliziotto dai metodi abbastanza spicci decide di prelevare il principale sospettato e costringerlo a rivelare con le cattive il luogo dove sarebbero sepolte le teste delle povere vittime. Nel bel mezzo dell'"interrogatorio" arriva il padre di una delle bambine che, intenzionato ad ottenere risposte con ogni mezzo, tramortisce i due e li porta nello scantinato di una casa isolata...


Ah ma che bel pugno allo stomaco che è questo Big Bad Wolves! E se il tono con cui inizio il post è scanzonato è solo perché la pellicola di Keshales e Papushado è sì drammatica e violenta ma è anche talmente grottesca da ricordare i migliori film dei Coen; partendo da una cosa terribile come il rapimento, lo stupro e la tortura di povere bimbe innocenti (la sequenza iniziale, priva di dialoghi e scandita da un'incalzante colonna sonora è da brividi e serra lo stomaco ma è ancora più angosciante la ripresa della bimba seduta sulla sedia, con la parte superiore del busto volutamente lasciata fuori dall'inquadratura), i due registi e sceneggiatori mettono in piedi un dramma popolato da personaggi ridicoli, caricature di sbirri, vendicatori fai-da-te che si interrompono sul più bello a causa della telefonata della mamma, cagnolini storditi col taser e chi più ne ha più ne metta. Tutto questo fa ridere? Non proprio, nel senso che scatena quella risata isterica a cui manca tanto così per trasformarsi in un urlo di orrore. Non tanto per quello che viene mostrato ma per quello che viene dato ad intendere e, soprattutto, per la tensione costante che serra alla gola lo spettatore davanti al personaggio di Dror. Dror è un insegnante, sospettato di aver commesso tutti gli atroci delitti che danno inizio alle vicende raccontate. I registi ce lo mostrano subito nelle grinfie di poliziotti violenti, che lo picchiano e lo minacciano, cercando di costringerlo a confessare, poi, una volta liberato, vediamo come le voci abbiano raggiunto gli studenti che lo chiamano pedofilo, la direzione della scuola che lo licenzia, e via così con il poliziotto Micki che lo rapisce per torturarlo e il padre di una ragazzina che vorrebbe fare altrettanto. La storia scorre attraverso gli occhi terrorizzati di Dror e in noi sorge un terribile dubbio ad un certo punto: Ma Dror è davvero un carnefice o è solo vittima? CHI è il lupo cattivo?


La risposta, per quanto orribile, è che siamo tutti lupi cattivi. Davanti ad un delitto orribile come quello descritto in Big Bad Wolves ogni razionalità e legge va a farsi benedire perché, diciamolo, quale padre non godrebbe (temporaneamente, ovvio, ché nemmeno questo riporterebbe indietro i morti...) nell'infliggere all'aguzzino della propria figlia le stesse torture? E quale poliziotto non getterebbe volentieri alle ortiche il distintivo per il solo gusto di fare definitiva giustizia? Per una mente sconvolta dalla rabbia e dal dolore poco importano le continue e reiterate dichiarazioni d'innocenza: il lupo, quando sente l'odore del sangue, non ragiona più e attacca, non importa quali siano le conseguenze. E il lupo, ovviamente, fa branco. Bastano una parola, un sospetto, un'accusa e la vita di una persona innocente (o presunta tale, ma chi può saperlo con certezza?) diventa un inferno da cui è impossibile uscire perché si sa che ne uccide più la lingua che la spada e che l'opinione pubblica è altamente condizionabile. "Sì, lo sappiamo che non sei pedofilo però magari a scuola è meglio se non vieni più" "Sì, lo sappiamo che sei innocente però magari ti insultiamo e picchiamo lo stesso, perché gli altri lo fanno", pensieri e parole che fanno rabbrividire, che portano lo spettatore a porsi dei dubbi e ad avere paura per sé stesso e DI sé stesso, come succedeva anche in Prisoners, benché assai più serio. Qual è la verita? Come si fa a non fare agli altri ciò che non vorremmo venisse fatto a noi? Come si fa a scagionare una persona da un orribile sospetto? Keshales e Papushado ci dicono che purtroppo queste domande non hanno risposta e che comunque è sempre, sempre meglio controllare i nostri istinti e la nostra sete di vendetta, cercare di non perdere mai di vista le cose davvero importanti perché il fato sa essere molto crudele. E purtroppo non guarda in faccia nessuno.

Aharon Keshales e Navot Papushado sono i registi e sceneggiatori della pellicola. Israeliani, insieme hanno diretto anche Rabies e l'episodio F is for Falling di The ABCs of Death 2.


Se Big Bad Wolves vi fosse piaciuto guardate anche il bellissimo Prisoners e Cheap Thrills! ENJOY!

sabato 29 novembre 2014

Bollalmanacco on V-Quadro

Prima o poi doveva accadere.
Il Bollalmanacco s'è fatto arrogante, signori.
A partire da lunedì 1 dicembre quest'umile blog diventerà parte di una collaborazione con il webzine V-Quadro e la sua rubrica settimanale V-Radio, un podcast che, oltre a parlare degli argomenti del sito, mescola anche cinema e musica, due arti che, come sapete, spesso sono praticamente inscindibili: un pezzettino del Bollalmanacco prenderà quindi voce grazie a due conduttori e avrà anche una colonna sonora, cosa che può farmi solo felice!



Il mio contributo di lunedì verterà su uno dei più bei film Scorsesiani recenti, ovvero The Departed, una crime story tesissima, ricca di colpi di scena, impreziosita da un grande cast e da una colonna sonora di tutto rispetto. Se avete voglia di ascoltarne dei brani e di seguirmi in questa nuova impresa a fine post troverete tutti i link legati al mondo di V-Quadro. Ci sentiamo lunedì, quindi... ENJOY!


Sito:  www.v-quadro.com
Pagina del sito con il Podcast: http://www.v-quadro.com/Podcast/Podcast.html
Podcast su ITunes: https://itunes.apple.com/it/podcast/v-radio/id797795376?mt=2
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/vquadr0


venerdì 28 novembre 2014

Una strega chiamata Elvira (1988)

Vi stavate chiedendo dove tutto è cominciato e perché c'è una musa ben particolare che campeggia sull'header del Bollalmanacco? Orbene, alle vostre domande darò finalmente parziale risposta con il post su Una strega chiamata Elvira (Elvira: Mistress of the Dark), diretto nel 1988 da James Signorelli.


Trama: Elvira, conduttrice di uno show televisivo, è stufa della tv e vorrebbe sfondare a Las Vegas con un numero tutto suo. Per farlo, purtroppo servono molti soldi e quando la nostra eroina viene a sapere che la defunta zia le ha lasciato un'eredità, non ci pensa due volte e corre in un paesino della provincia americana a ritirarla. Purtroppo l'eredità consiste in una casa diroccata, un barboncino e un misterioso libro di ricette che sembra fare molta gola all'ambiguo zio Vincent...


Vi avverto che nel parlare di Una strega chiamata Elvira non sarò affatto obiettiva e sorvolerò su tutto quello che consacrerebbe giustamente questo film come puro trash cafone anni '80 perché io adoro Elvira. Avevo visto Una strega chiamata Elvira molti anni fa, tirato fuori da qualche Fuori orario ghezziano stranamente ignorante e mi ero subito innamorata (in senso etero, ché poi Elvira capisce male!) di questa sfacciatissima darkettona tettuta, delle sue improbabili mise, del suo umorismo zeppo di doppi sensi e del suo trashissimo gusto per l'horror, in particolare per i B-Movies come Attack of the Killer Tomatoes; era scattata subito l'empatia perché, a parte il suo essere incredibilmente gnocca, per il resto questo donnino era praticamente identica alla sottoscritta, perlomeno nell'animo, ed effettivamente chi ha seguito il Bollalmanacco fin dall'inizio sa che l'intenzione era quella di trasformarlo in una rassegna di filmacci sconosciuti, poi la cosa si è un po' evoluta, ma non divaghiamo e torniamo a Una strega chiamata Elvira. La presenza di Cassandra Peterson nei panni di Elvira basterebbe da sola a giustificare la visione di questo film nonostante la trama derivativa e la folla di caratteristi più o meno conosciuti chiamati ad accompagnarla in questa titanica impresa dopo anni di onorata carriera televisiva perché questa donna affronta di petto (è il caso di dirlo!) qualunque battutaccia e scivolata nel cattivo gusto con un umorismo invidiabile e una presenza scenica tale che lo spettatore non può fare altro che rimanerne inevitabilmente ipnotizzato e divertito.


Poi, diciamolo, per essere la parodia di un horror Una strega chiamata Elvira non è niente male. Nonostante, come ho già detto, buona parte dell'umorismo si basi interamente sulla volgarità sexy della protagonista, il film non si adagia sulla solita accozzaglia di gag ripetute fino allo sfinimento che troppo spesso è tipica del genere ma porta avanti un genuino tentativo di raccontare comunque una storia, per quanto semplice, con tanto di "momento formativo", villain cattivissimo e persino una sequenza dove Elvira viene messa in pericolo. Alcune trovate poi, per quanto scemine, fanno scompisciare dalle risate, come i flashback che mostrano Elvira da piccola (già truccata di tutto punto), il numero musicale finale o il momento "orgiastico" che scuote dalle fondamenta la sonnacchiosa cittadina dov'è ambientato il film e anche il citazionismo che permea la pellicola è gradevole e per nulla invasivo. I difetti, ovviamente, ci sono e risiedono sia nell'inespressivo manzo affiancato ad Elvira come "maschio" della situazione che nel piattume della regia, che risente incredibilmente del passare degli anni; personalmente, Una strega chiamata Elvira è un film che riguarderei allo sfinimento ma se dietro la macchina da presa ci fosse stato un regista con più personalità e gusto del trash (un Rodriguez anzitempo, diciamo) molto probabilmente ora non starei parlando di un divertissement per pochi ma di un cult universale ai livelli del Rocky Horror Picture Show. E a tal proposito, aggiungo anche che Una strega chiamata Elvira è un film che va visto senza giudicare dalla copertina, lasciandosi trasportare non già dallo spirito critico bensì dal cieco amore per colei che è diventata un'icona horror-pop al pari di Frank'n Furter. Io l'ho fatto e non me ne sono mai pentita!!


Di Kurt Fuller, che interpreta Mr. Glotter, ho già parlato QUI.

James Signorelli è il regista della pellicola. Americano, anche produttore, ha diretto film come Soldi facili e tantissime puntate del Saturday Night Live.


Cassandra Peterson, in arte Elvira, è co-sceneggiatrice ed interpreta ovviamente Elvira, personaggio comparso, oltre che negli show The Richard Simmons Show, Movie Macabre, Saturday Night Live, The Elvira Show, The Search for the next Elvira, Elvira's Movie Macabre, 13 Nights of Elvira e nei film Elvira's Halloween Special, Attack of the Killer B-Movies e La casa stregata di Elvira, anche nelle serie Chips e Nash Bridges; in "borghese", ha invece partecipato a film come La stangata 2, Pee-Wee's Big Adventure e a serie come Happy Days, Fantasilandia e Medium. Anche produttrice, ha 63 anni.


Edie McClurg interpreta Chastity Pariah. Americana, ha partecipato a film come Carrie - Lo sguardo di Satana, Assassini nati - Natural Born Killers, Flubber - Un professore tra le nuvole e a serie come L'incredibile Hulk, Il mio amico Arnold, I Jefferson, Moonlighting, Super Vicky, Pappa e ciccia, Sabrina vita da strega, Innamorati pazzi, Nash Bridges, Malcom, Hannah Montana, Elvira's Movie Macabre, Desperate Housewives, Two and a Half Men e CSI: Scena del crimine; inoltre, ha lavorato come doppiatrice nei film Brisby e il segreto di Nimh, Kiki - Consegne a domicilio, La sirenetta, Rugrats - Il film, A Bug's Life - Megaminimondo, Mucche alla riscossa, Cars - Motori ruggenti, Cars 2, Frozen - Il regno di ghiaccio e in serie come Gli Snorky, I pronipoti, Darkwing Duck, Ecco Pippo!, Tiny Toons Adventures, The Addams Family e Mucca e pollo. Anche sceneggiatrice, ha 63 anni e tre film in uscita.


William Morgan Sheppard interpreta Vincent Talbot. Inglese, ha partecipato a film come I duellanti, The Elephant Man, Cuore selvaggio, Cose preziose, The Prestige e a serie come MacGyver, La signora in giallo, Frasier, Streghe, Alias, Cold Case, Una mamma per amica, Criminal Minds, Doctor Who e Dexter; ha lavorato inoltre come doppiatore per serie come Biker Mice da Marte e Gargoyles. Anche, ha 82 anni.


Il film ha un seguito, La casa stregata di Elvira, del 2001. Se Una strega chiamata Elvira vi fosse piaciuto recuperatelo, altrimenti provate a cercare Amore al primo morso! ENJOY!

giovedì 27 novembre 2014

(Gio)WE, Bolla! del 27/11/2014

Buon giovedì a tutti! Ad occhio, parrebbe migliore di altri, con un paio di uscite che potrebbero rivelarsi interessanti (quella forse più interessante, Trash di Stephen Daldry, OVVIAMENTE non è approdata a Savona. Avevate dubbi?), nell'attesa che arrivi il Natale... ENJOY!

I vichinghi
Reazione a caldo: Ugh.
Bolla, rifletti!: Co-produzione svizzera, tedesca e sudafricana per qualcosa che parrebbe una puntata venuta male di Spartacus o simili ma con vichinghi. Vade retro.

Ogni maledetto Natale
Reazione a caldo: Il dubbio
Bolla, rifletti!: Il fatto che questo film coinvolga la banda di Boris e i fratelli Guzzanti mi spingerebbe ad andarlo a vedere, per contro guest star come Cattelan mi frenano parecchio. Lascerò che qualche blogger più illuminato si immoli e poi deciderò, non vedo altra soluzione.

I pinguini di Madagascar
Reazione a caldo: In ritardo...
Bolla, rifletti!: Fosse uscito qualche anno fa mi sarei fiondata di corsa a vederlo. Purtroppo, la serie animata dal titolo omonimo la trovo fastidiosa ed irritante (oltre che disegnata malissimo) e temo che il film ne seguirà le orme...

Cub - Piccole prede
Reazione a caldo: Oh-oh-oh!
Bolla, rifletti!: A Savona non è uscito Clown ma esce questo horror belga dove vengono mandati al macello degli scout? Scout al macello... diavolo, devo correre a vederlo in barba al senso di tradimento provato per la mancanza di Clown!! (nessuno scout è stato maltrattato durante la stesura del post. Giuro.)

Al cinema d'élite continua invece la programmazione di Due giorni, una notte che spero di poter vedere presto! A giovedì prossimo!

mercoledì 26 novembre 2014

No More Excuses! (A Week Without Violence) - L'ultima eclissi (1995)


Ieri è stata la giornata internazionale della violenza contro le donne e noi blogger (spinti dall'idea e l'entusiasmo di Alessandra) abbiamo deciso che un giorno era un po' poco per risvegliare le coscienze e sensibilizzare i nostri lettori su questo argomento così delicato. Abbiamo quindi scelto di organizzare una rassegna (dal 25 al 30 novembre) in cui "bandire", per una volta, le frivolezze e dedicarci ad una serie di pellicole che trattassero il tema della violenza contro le donne, in ogni sua declinazione; a me è venuto in mente di riguardare L'ultima eclissi (Dolores Claiborne), diretto nel 1995 dal regista Taylor Hackford e tratto dal romanzo Dolores Claiborne di Stephen King.


Trama: Dolores Claiborne, donna dura e segnata dalla vita, già sospettata di avere ucciso il marito molti anni prima, viene accusata dell'omicidio dell'anziana e malata datrice di lavoro. La figlia Selina torna quindi dopo anni al suo paese natale per stare accanto alla madre ma il rapporto tra le due è rovinato dai troppi fantasmi del passato...


Da dove nasce la violenza verso le donne e perché? E' una domanda che mi sono posta spesso guardando L'ultima eclissi in occasione di questa "celebrazione", provando a rivedere questo film da un punto di vista diverso, centrato non già sulla giusta vendetta di Dolores ma sull'atteggiamento dei tre uomini (facciamo quattro) che interagiscono con le protagoniste della vicenda, ovvero il marito ubriacone di Dolores, il detective Mackey e il capo di Selina, ai quali aggiungo anche l'orribile banchiere a cui si rivolge Dolores, che nonostante la donna abbia un conto a suo nome consente al marito di farci quel che vuole senza dir nulla a lei in quanto "donna", quindi automaticamente incapace a gestire denaro e libretti bancari. Non avendo mai letto il libro (scusa, Stephen), sono stata necessariamente costretta a partire dal modo in cui vengono mostrati nel corso del film questi uomini durante il loro approcciarsi verso le donne e ho evinto che il comun denominatore nei dialoghi e negli atteggiamenti di questi personaggi, quello che scatena la violenza, sia fisica, psicologica o verbale, è sempre una profonda PAURA. La paura di venir privati del loro ruolo di maschio alfa nel momento in cui sono costretti ad affrontare donne forti e determinate, consapevoli dei loro diritti naturali e pronte a fare di tutto, giustamente, per mantenerli perché "a volte a una donna non rimane altro che fare la stronza". Dolores Claiborne è stata costretta a "fare la stronza" con un marito debole e codardo, che probabilmente l'ha sposata, nonostante passi il tempo ad insultarla per il suo aspetto fisico, proprio perché "brutta" e di conseguenza meno intimidatoria. Dolores è paziente ma non è una che accetta passivamente di venire picchiata, anzi; al primo accenno di violenza fisica il marito viene messo debitamente a posto ed è solo per la piccola Selina che la donna accetta una tregua, almeno finché le mire di lui non cominciano a rivolgersi verso l'unico essere debole rimasto in famiglia, la figlia. Liquidato il marito, arriva il detective Mackey che, a differenza dei compaesani di Dolores, non crede (o meglio, non accetta) che la donna possa essere innocente e che l'uomo sia morto per un semplice incidente, arrivando così a mettere da parte ogni imparzialità professionale e a trasformare una povera vittima in un mostro, una balena bianca da combattere senza pietà per mantenere intatto il record dei casi risolti.


Alla vicenda umana di Dolores si accompagna quella di Selina che, a differenza della madre, ha subito abusi fin da ragazzina, quando il padre ha cominciato a cercare in lei quello che non sarebbe riuscito a trovare assieme ad una moglie che lo odiava, ricambiata. A differenza di Dolores, che ha preso di petto la situazione e l'ha affrontata per amore della figlia, Selina è fuggita, fisicamente e mentalmente, dimenticando tutto ciò che era successo col padre e diventando una donna di successo che usa l'aggressività per sopperire ad un fragilissimo equilibrio psichico e che, di conseguenza, alla prima occasione viene "scaricata" dal suo capo redattore e amante in favore di un'altra collega più giovane e arrendevole. Voi direte, se Dolores è diventata un'assassina per Selina, le due donne saranno unite come non mai, giusto? Sbagliato, perché la paura e la violenza si autoalimentano, creano altri mostri, spezzano cuori e menti, lasciando così ogni donna sola davanti all'orrore perché troppo spesso certi abusi sono talmente innominabili e assurdi che si prova vergogna solo a parlarne, per timore di non venire creduti o, peggio, giudicati. Quindi si comincia a fare rinunce: si rinuncia ai legami familiari, alle amicizie, alla felicità, fino ad arrivare quasi a perdere la stessa umanità. E' quello che è successo a Vera, insopportabile megera per la quale Dolores è costretta a far da serva, che per sfuggire ad un matrimonio infelice si rifugia nei soldi e nei capricci da riccona, cercando di rendere la vita degli altri altrettanto infernale perché, si sa, mal comune mezzo gaudio. Vera è il personaggio da cui mai ci si aspetterebbe aiuto, tantomeno uno sprazzo di comprensione, invece con Dolores scatta una sorta di empatia, l'unione di forze tra due donne segnate dalla vita e costrette a disumanizzarsi per sopravvivere a due tipi di violenza, diversi ma ugualmente degradanti. Bastano pochi sguardi, pochissime parole, e la vita di Dolores cambia, cambia il rapporto tra lei e Vera, le due donne diventano i reciproci bastoni della vecchiaia fino alla fine, a dispetto di apparenze e convenzioni. E così anche L'ultima eclissi ci insegna che non esistono scuse, non devono esistere motivi per nascondere la testa sotto la sabbia ed ignorare le violenze, di qualsiasi genere siano. Non è necessario gridare, basta "solo" parlarne perché è vero che a volte a una donna non rimane altro che fare la stronza... ma perché costringerci ad arrivare a tanto e continuare ad alimentare una spirale fatta di sofferenza, dolore e solitudine? Ah sì, poi il film è bellissimo, ovviamente... ma chevvelodicoaffare?


Le recensioni per la settimana contro la violenza non finiscono qui! Ecco un meraviglioso banner dove troverete l'elenco dei blog che partecipano all'iniziativa e i rispettivi film. ENJOY!

martedì 25 novembre 2014

Il Bollalmanacco On Demand: Changeling (1980)

On Demand speciale quello di oggi, per onorare la vittoria di Germano "Hell" Greco che qualche giorno fa ha trovato la citazione proposta sul post per i tre anni del Bollalmanacco. Il buon Hell mi ha chiesto di guardare Changeling (The Changeling), diretto nel 1980 dal regista Peter Medak e, dulcis in fundo, lo stesso film lo troverete recensito proprio oggi anche sul blog di Lucia, Il giorno degli zombi. Che volete di più dalla vita? ENJOY!! (The Cloth arriverà presto, giuro!)


Trama: dopo la morte della moglie e della figlia, un compositore va a vivere in una villa solitaria. Presto il luogo diventerà teatro di strani fenomeni che porteranno l'uomo a scoprire un orribile evento accaduto nel passato...


Mi spiace cominciare il post su un film che persino Martin Scorsese ha definito "uno dei più terrificanti della storia del Cinema" dicendo che a me Changeling non ha fatto né caldo né freddo. Mi spiace perché subentra l'insicurezza cronica, che mi porta a ritenermi ignorante all'ennesimo livello e meritevole di finire nell'Angolo del Perculo (o Le stroncature che non ti aspetti) del blog Cinematografia Patologica. Mi spiace perché so che se Hell ha chiesto la recensione vuol dire che ha apprezzato il film, che Lucia spenderà parole bellissime per magnificarlo e io che rispetto entrambi a dismisura arriverò a sentirmi Sgarbianamente capra. Il problema è che una pellicola, di qualunque genere, mi deve prendere, mi deve entusiasmare ed emozionare e questo vale soprattutto per i mistery sovrannaturali come Changeling. Di fatto, detesto tanto gli horror beceri che sfruttano qualsiasi mezzuccio per far saltare lo spettatore sulla sedia quanto quelli che mi lasciano con la testa ciondoloni a ripetermi "e quindi?", non tanto per noia (che ovviamente ahimé subentra quando la storia non fa breccia) quanto proprio per l'incapacità di risvegliare in me qualsivoglia sensazione e purtroppo Changeling si è infilato dritto nel novero di questi ultimi. Il dramma familiare di John non mi ha minimamente toccata, perché serve solo da pretestuosa introduzione e poi viene lasciato cadere, rinfocolato solo da occasionali momenti di triste malinconia del protagonista e anche la giusta ira dell'entità che infesta l'antica magione mi ha lasciata in qualche modo indifferente; una volta scoperta la natura della "presenza", infatti, non sono riuscita a farmi coinvolgere né dalla sua fine effettivamente triste e terribile né, tantomeno, dalle indagini di John, forse uno dei detective dell'occulto peggiori mai apparsi sul grande schermo, uno a cui il fantasma deve dire praticamente tutto ed essere anche costretto a farsi giustizia da sé. Sicuramente la trama di Changeling ha gettato i semi per molti film che sarebbero seguiti, tuttavia opere come The Orphanage e The Others, solo per fare un esempio, erano molto più coinvolgenti emotivamente mentre il precedente A Venezia un dicembre rosso... shocking riusciva ad essere sia commovente che, appunto, scioccante.


Dal punto di vista tecnico ci mancherebbe, se dicessi che Changeling è brutto sarei da lapidare. Intanto la colonna sonora è molto bella e sfrutta alla perfezione la presenza di un personaggio in grado di suonare il pianoforte, tanto che la melodia "risolutiva" del carillon ci accompagna fino alla fine della pellicola. Per quel che riguarda la regia, poi, alcune sequenze sono effettivamente da cardiopalma, tre in particolare: innanzitutto, quella ripresa dal basso dove John cerca di forzare il lucchetto di una serratura, resa ancora più intensa dai suoni di sottofondo, poi c'è il terribile flashback che racconta la triste storia di Joseph, col primo piano degli occhi doloranti e traditi del bambino, i lineamenti alterati dalla ripresa attraverso l'acqua, infine il colpo di genio della carrozzina semovente che insegue la terrorizzata co-protagonista. Anche solo per queste scene, che hanno ispirato moltissimi registi, bisognerebbe guardare Changeling a prescindere dal gusto personale, perché sono oggettivamente molto ma molto belle, ma a questo pregio dovete anche aggiungere il gusto molto anni '70 dell'intera opera, che mostra personaggi posati e raffinati, scenografie "antiche" ma assai curate, suggestioni sicuramente ingenue al giorno d'oggi ma molto efficaci per l'epoca e una generale aria di "eleganza" che permea ogni fotogramma della pellicola. Tutto questo è molto vero ma purtroppo io sono una non competente amante del cinema che reagisce ai film "di pancia" più che "di testa" e per la prima ed ultima volta mi toccherà concordare in parte col blasonato Mereghetti: "Thriller parapsicologico vecchio stile" (vero, ma per me non è una cosa negativa) "e senza tocchi d'autore" (se ne può discutere, ciccio) "sostanzialmente una noia" (... eh sì, lo ammetto, ho dormito. Merito la gogna). Sipario, che è meglio.


Di Jean Marsh, che interpreta Joanna Russell, ho già parlato QUI.

Peter Medak è il regista della pellicola. Ungherese, ha diretto film come Species II ed episodi delle serie Magnum P.I., Ai confini della realtà, Dr. House, Masters of Horror, Breaking Bad, Cold Case e Hannibal. Anche produttore e attore, ha 77 anni e un film in uscita.


George C. Scott (vero nome George Campbell Scott) interpreta John Russell. Americano, ha partecipato a film come Il Dottor Stranamore, Patton, generale d'acciaio (che gli è valso l'Oscar come miglior attore protagonista, poi rifiutato dallo stesso attore), Fenomeni paranormali incontrollabili, L'esorcista III e a serie come Colombo e L'ispettore Tibbs; come doppiatore ha prestato la voce per il film Bianca & Bernie nella terra dei canguri. Anche regista e produttore, è morto nel 1991, all'età di 71 anni.


Melvyn Douglas (vero nome Melvyn Edouard Hesselberg) interpreta il senatore Carmichael. Americano, ha partecipato a film come Ninotchka, Hud il selvaggio (che gli è valso l'Oscar come miglior attore non protagonista), L'inquilino del terzo piano e Oltre il giardino (che gli è valso il secondo Oscar come miglior attore non protagonista). E' morto nel 1981, all'età di 80 anni.


Un paio di curiosità. Trish Van Devere, che interpreta Claire Norman, era la moglie di George C. Scott all'epoca. Gli eventi raccontati in Changeling pare siano stati ispirati da eventi realmente accaduti allo sceneggiatore Russell Hunter quando viveva a Denver, in Colorado. Per finire, se Changeling vi fosse piaciuto, recuperate anche A Venezia un dicembre rosso... shocking e Gli invasati. ENJOY!

lunedì 24 novembre 2014

No More Excuses! (A Week Without Violence)

Domani, 25 novembre, in tutto il mondo si celebra la Giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne.
Come diceva Jorge Michel Grau alla fine del suo terribile, meraviglioso I is for Ingrown in The ABCs of Dead, "Negli ultimi 10 anni, in Messico sono state uccise 2015 donne. 200 donne al mese. L’orrore NON è sullo schermo."
Aumentando lo spettro d'analisi, veniamo a scoprire che in tutto il mondo, ogni due giorni, viene uccisa una donna.
L'orrore non è sullo schermo, ribadiamo.
Però lo schermo può aiutare a prendere ulteriore consapevolezza di questa piaga mondiale ed è per questo che la solita compagnia di Blogger ha deciso di dedicare una rassegna lunga cinque giorni a quei film che raccontano la violenza (fisica, psicologica, di ogni genere) sulle donne.
Ecco il banner col calendario e mi raccomando, a partire da domani non perdetene nemmeno uno!


domenica 23 novembre 2014

The Package (2012)

La scorsa sera mi serviva un film cazzaro e breve, non avevo voglia di horror e ho pensato che due botte e due botti avrebbero fatto alla bisogna, quindi ho deciso di guardare The Package, diretto nel 2012 dal regista Jesse V. Johnson. Segue sommario post su quel che sono riuscita a vedere quando non crollavo addormentata, vinta dalla noia...


Trama: Tommy è un ex soldato che lavora per un boss della mala. Un giorno gli viene chiesto di recapitare un pacchetto al fantomatico The German, altro boss e suo ex commilitone. Il compito parrebbe facile se non fosse che all'improvviso tutti vogliono questo pacchetto...


Ti spiego...
Quello di oggi sarà letteralmente un post di servizio per venire incontro ai poveri spettatori sprovveduti come la sottoscritta ed evitare loro spiacevoli sorprese: The Package è davvero un pacco e meriterebbe di venire multato per pubblicità ingannevole. Se io mi metto a guardare un film con Dolph Lundgren e Steve Austin come interpreti principali mi aspetto ed esigo che la gente si meni tra una tamarrata e l'altra, ovviamente, altrimenti metterei su un DVD di Bergman e buonanotte al secchio. In The Package, o woe!, NON SI MENANO. Cioé, lo fanno ma poco e, quel che è peggio, lo fanno dopo un'infinità di spiegoni e momenti pseudo-tristi che nuociono gravemente alla salute e a tutti i film zamarri che si rispettino, senza neppure un guizzo trash o ironico a salvare la situazione! Non è questione di mentalità chiusa, ci sta che la gente voglia rinnovare il genere e sono io la prima ad apprezzare le buone intenzioni ma, andiamo: Austin e Lundgren non sono attori, non lo sono mai stati, ma stavolta se la credono e si concedono pure il lusso di pronunciare dialoghi che superano le due/tre battute con tono monocorde e serioso, forse pensando di poter essere alla pari di, chessò, Bruce Willis o Mark Wahlberg, col risultato che di un'ora e mezza di film ne ho visto un'ora scarsa causa calo di palpebra costante, alimentato da una regia che più piatta non si può. Avrei già dovuto rendermi conto durante i lunghissimi titoli di testa che The Package sarebbe stato una palla perché assieme ai nomi dei coinvolti scorrono appunto le immagini di palle da bowling rotolanti ma lì per lì ho sperato in un omaggio al Grande Lebowski, non ho pensato al presagio di una lunghissima camurrìa.

...ti meno...
A dirla tutta Dolph Lundgren qualcosa di simpatico lo fa, per esempio sfonda a mani nude un muro solo per spaccare la testa ad un tizio e si improvvisa chef mentre un altro tizio gli muore dissanguato davanti, ma Steve Austin ha la verve di un blocco di cemento e, quel che è peggio, viene picchiato selvaggiamente da tutti! Ora, immaginate di trovarvi davanti Stone Cold Steve Austin. Stiamo parlando di una leggenda della WWE, non della controfigura di Steve Urkel. Immaginate ora di tirargli un pugno, così, per ischerzo. COME MINIMO dovreste già sentire il dolore delle vostre nocche che si frantumano ed effettivamente a un certo punto mi sono svegliata grazie ad un sonoro SOCK! che stava ad indicare la morte per singolo cazzotto di un avversario di Steve Austin (complimenti!) ma per il resto 'sto povero gigante viene cartellato da ometti smilzi, topi di biblioteca, avvocati in giacca e cravatta, dottori e persino da una donna. Una donna, santo cielo! Lo so che all'inizio del post mi sono lamentata perché non si picchiano ma infatti questi sono buffetti, si spara poco e il confronto finale tra Lundgren e Austin dura trenta secondi ed è preceduto da almeno cinque minuti di ennesimo confronto verbale... insomma, non si fa. Soprattutto non si fa di imbastire una trama così imbecille (non potete immaginare cosa sia il package del titolo...) senza un minimo d'ironia e mostrando uno Steve Austin "introspettivo" e dei mafiosi che si spiegano a vicenda ogni mossa e barbatrucco giustificandoli a sé stessi e ai propri nemici. Ridatemi i bei vecchi action ignoranti, non questi ibridi per finti intellettuali!!!!

... ti RI-spiego...
Di Dolph Lundgren, che interpreta The German, ho già parlato QUI.

Jesse V. Johnson è il regista della pellicola. Inglese, ha diretto film come Alien Hunt - Attacco alla Terra e The Butcher. Anche stuntman, sceneggiatore, attore e produttore, ha 43 anni.


Steve Austin (vero nome Steven James Anderson) interpreta Tommy Wick. Leggenda della WWE meglio conosciuto come "Stone Cold" Steve Austin, ha partecipato a film come I Mercenari - The Expendables, Un weekend da bamboccioni 2 e a serie come Nash Bridges, inoltre ha doppiato, nei panni di se stesso, molti episodi del favoloso Celebrity Deathmatch. Anche produttore e sceneggiatore, ha 50 anni.


Tra i vari attori che compaiono in questo insulso filmetto segnalo la presenza de "l'uomo che fuma" di X-Files, William B.Davis, nei panni del Dottor Willhelm. Detto questo, se The Package vi fosse piaciuto recuperate tutti e tre i capitoli de I mercenari, perlomeno vi divertirete! ENJOY!

venerdì 21 novembre 2014

Frank (2014)

Uno dei film che volevo vedere questa settimana era Frank, diretto dal regista Leonard Abrahamson, liberamente ispirato alla vita del musicista Chris Sievey e soprattutto del suo alter ego, Frank Sidebottom.


Trama: Jon vorrebbe fare il musicista e sfuggire alla grigia vita di provincia. L'occasione si presenta quando gli impronunciabili Soronprfbs cercano un tastierista per un concerto e per incidere l'album ma la vita con gli strani elementi che compongono il gruppo non sarà facile...


Frank è un film molto tenero, che spiazza lo spettatore in più di un'occasione, non tanto per la storia, di per sé assai semplice, quanto per i personaggi rappresentati. In realtà, pur chiamandosi Frank, fin dall'inizio la pellicola si concentra sul giovane Jon e sui suoi tentativi frustrati di trovare un posto all'interno della scena musicale irlandese prima e mondiale poi, cosa che fa di lui l'osservatore attraverso il cui punto di vista vengono presentati i personaggi e raccontata tutta la storia di Frank e dei Soronprfbs. Che sono dei bei scoppiati, bisogna dirlo. Dei casi umani senza speranza che accolgono quasi di malavoglia il "normale" Jon e che nella musica non cercano successo ma semplicemente un modo per fare arte, per esprimersi, probabilmente per sfogare una natura che li porterebbe dritti in prigione o al manicomio, alcuni anche al suicidio. Jon invece vuole emergere, vuole diventare famoso e per questo racconta ogni dettaglio della sua esperienza condividendolo sui social; è palese che Jon sia un musicista mediocre, non perché gli manca la tecnica ma perché gli manca quella personalità che gli consentirebbe di trovare ispirazione anche nelle cose più semplici e banali, gli manca l'innocenza di voler fare musica senza secondi fini, senza dover essere per forza fico. In confronto a Jon, spesso irritante nella sua ragionevolezza da manager/bimbominkia, Frank e gli odiosi Soronprfbs risultano umani e gradevoli, anche con i loro antipatici modi di fare e i loro atteggiamenti sociopatici, perché questi assurdi outsider amano la musica e soprattutto si amano l'un con l'altro e si sostengono come se fosse la cosa più naturale del mondo, condividendo le poche gioie e i molti dolori della loro vita scapestrata.


Tenero e spiazzante questo Frank, come ho detto all'inizio. Però manca qualcosa, qualcosa che riesca a tirare fuori la storia dal binario conosciuto del percorso di formazione del protagonista (successo - crollo - redenzione) e dell'happy ending canonico a tutti i costi. Quel qualcosa che, se Frank fosse stato messo in mano a gente come Kaufman, Gondry, Jonze o Anderson, veri esperti nell'arte di tratteggiare le idiosincrasie umane e le esistenze di gente troppo assurda per vivere, l'avrebbe probabilmente elevato a capolavoro assoluto. Manca in definitiva il gusto per l'assurdo, che in Frank si riduce alla mera forma, all'apparenza che nasconde invece un'anima semplice e abbastanza convenzionale, un po' come la maschera di cartapesta indossata dal protagonista. Peccato perché gli attori sono tutti bravissimi, il blasonato e mascherato Fassbender, pur avendo una voce bella quanto il suo vero aspetto (ecco, magari sarebbe guardare il film in lingua originale...), non ruba la scena ai co-protagonisti, così che tutti gli interpreti riescono ad ottenere il proprio giusto e meritato spazio mentre le canzoni sono molto particolari e ricordano (a me che sono musicalmente ignorante, ovviamente) un po' lo stile dei Sonic Youth, con suoni isterici e dissonanti che accompagnano dei testi assurdi e quasi nonsense. Insomma, diciamo che da Frank mi aspettavo un po' di coraggio e weird in più però parliamo di una pellicola assai gradevole che mi sento assolutamente di consigliare, soprattutto per chi è in cerca di una storia in grado di mescolare con leggerezza ed equilibrio il dramma e la commedia.


Di Domhnall Gleeson (Jon Burroughs), Maggie Gyllenhaal (Clara) e Michael Fassbender (Frank) ho già parlato ai rispettivi link.

Lenny Abrahamson è il regista della pellicola. Irlandese, ha diretto film come Adam & Paul e What Richard Did. Anche sceneggiatore e produttore, ha 48 anni e un film in uscita.


Scoot McNairy (vero nome John Marcus McNairy) interpreta Don. Americano, ha partecipato a film come Cogan - Killing them Softly, Argo, 12 anni schiavo, L'amore bugiardo e a serie come Six Feet Under, How I Met your Mother, My Name is Earl, CSI - Scena del crimine e Bones. Anche produttore, ha 37 anni e tre film in uscita, tra cui Batman vs Superman: Dawn of Justice.


François Civil, che interpreta il francese Baraque, era il Papillon del diludente Necropolis - La città dei morti mentre Carla Azar, che interpreta Nana, è davvero una musicista, soprattutto batterista. Neanche a dirlo, l'assurdo personaggio di Frank è stato scritto per Johnny Depp ed è strano in effetti che l'attore non abbia partecipato al progetto, lasciando campo libero a Fassbender! Lo script originale, invece, era ambientato soprattutto in Svezia ma le location sono cambiate quando a dirigere la pellicola è stato chiamato l'irlandese Lenny Abrahamson. Detto questo, se Frank vi fosse piaciuto recuperate Essere John Malkovich. ENJOY!

giovedì 20 novembre 2014

TreBBolle

Eh sì, oggi sono TRE.
Three is a magic number yes it is.
Tre è il numero perfetto.
Tre cosa, direte voi?
Tre anni di Bollalmanacco su Blogger.
Tre anni che mi sopportate, commentate, consigliate, condividete e quant'altro quindi tanti auguri a me ma soprattutto grazie mille (non tre) a voi!

E il titolo idiota, direte voi, perché? Beh.


Ecco perché.
Per festeggiare i tre anni di attività, chiunque indovinerà la citazione di un film che avevo adorato, si beccherà la possibilità di richiedere una recensione On Demand e di scavalcare le altre richieste in sospeso (!) costringendomi così alla prima maratona On Demand della storia del Bollalmanacco. Forse, ché qui si fanno tanti programmi ma mantenerli è dura, eh!!
ENJOY!

(Gio)WE, Bolla! del 20/11/2014

Buon giovedì a tutti! In una settimana già priva di uscite interessanti, il multisala savonese si butta ovviamente su quelle più commerciali e ancor meno interessanti se vogliamo, senza recuperare Clown neanche per sbaglio. Riuscirà la Bolla a rimettere piede al cinema quest'anno? Mah, ne dubito. ENJOY!


Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte I
Reazione a caldo: Per appassionati.
Bolla, rifletti!: Lungi da me criticare l'attesa dei fan, ovviamente. Sta di fatto che il primo Hunger Games non mi era piaciuto e che anche i romanzi non rientrano proprio nelle mie corde, devo ancora leggere il terzo. L'unico motivo di interesse sarebbe capire se 'sto povero Peeta rimarrà per sempre friendzonato da quell'oca giuliva (ghiandaia giuliva?) di Katniss. No, non me lo dite, lo immagino.

Scusate se esisto
Reazione a caldo: No, non ti scuso.
Bolla, rifletti!: Dai, come posso scusare l'ENNESIMA commediola italiana che unisce la Cortellesi a Bova? Ma non ne avevano già fatto una anni fa? E basta!!

Perlomeno il cinema d'élite qualcosa di buono fa...

Due giorni, una notte
Reazione a caldo: Interessante.
Bolla, rifletti!: Fior di blogger hanno parlato benissimo dell'ultimo lavoro dei Fratelli Dardenne ed effettivamente già la trama è molto interessante, la riporto fedelmente dal sito del cinema: In procinto di tornare al lavoro, Sandra scopre che il suo capo, su consiglio di un supervisore che la ritiene poco produttiva, ha deciso di imporre ai suoi colleghi di lavoro di scegliere tra i loro bonus e la possibilità di evitare il suo licenziamento. Il weekend prima della votazione decisiva, la donna, spronata dal marito, decide di fare quanto può per cercare di salvare il salario sul quale la sua famiglia conta: incontrare i sedici colleghi chiedendo loro faccia a faccia se possono rinunciare ai mille euro per lei… Visti i tempi che corrono, a me mette già ansia e a voi? Segno per il recupero futuro!

mercoledì 19 novembre 2014

The ABCs of Death 2 (2014)

Ho dovuto aspettare un po' ma finalmente sono riuscita a recuperare e vedere The ABCs of Death 2, seguito ad episodi del particolarissimo The ABCS of Death, un progetto che vede all'opera 26 registi a cui è stata assegnata una lettera dell'alfabeto e un tema, la morte. Come già nel post del primo film, di seguito scriverò 26 mini-recensioni (trovate i miei corti preferiti in rosso!) e un breve commento finale sull'opera nel suo insieme. Seguono ovvi SPOILER.


A is for Amateur di E. L. Katz (Americano, classe 1981, regista di Cheap Thrills)
Apertura perfetta. L'episodio di Katz ci mette subito del giusto umore per affrontare quest'antologia, dove la morte non è quasi mai seria e dignitosa, ma è spesso una grandissima, ignobile presa in giro. Stupenda la parodia di innumerevoli film d'azione dove i piani più folli non vanno mai storti, anzi, sono sempre puliti e lisci come l'olio. Grande Katz, è da Cheap Thrills che ti voglio bene... E Andy Nyman è sempre fantastico!


B is for Badger di Julian Barratt (Inglese, classe 1968, attore nel film A Field in England)
Bastardo! Sia il regista/protagonista sia il "simpatico" tasso che da il titolo al corto. Episodio gradevole ad alto tasso di risata.

C is for Capital Punishment di Julian Gilbey (Inglese, regista di A Lonely Place to Die)
Crudele. Dopo due episodi relativamente simpatici arriva la prima vera mazzata allo stomaco dell'antologia. Un'amara riflessione su come la paura e la necessità di trovare un colpevole possano fare regredire le persone e trasformarle in mostri assetati di sangue. Sicuramente uno degli episodi migliori ma anche uno dei più difficili da sopportare.


D is for Deloused di Robert Morgan (Inglese, classe 1974, regista di corti horror animati come The Cat With Hands e Bobby Yeah).
Disturbante. Realizzato con la tecnica della claymation, è il primo segmento davvero surreale e disgustoso, un incubo fatto di tanti piccoli elementi weirdissimi e oscuri, che entra sottopelle e mette i brividi. In questo caso, l'animazione fa molta più paura delle riprese "dal vero".


E is for Equilibrium di Alejandro Brugués (Argentino, classe 1976, regista di Il cacciatore di zombie).
Esilarante! Dopo due segmenti decisamente difficili da sostenere arriva la supercazzola che non c'entra nulla col progetto ma fa tanto ridere. Il maschilismo imbecille di fondo fa tenerezza ma è molto bella la realizzazione, con la luce solare che a poco a poco si affievolisce mentre l'amicizia dei due protagonisti viene meno.

F is for Falling di Aharon Keshales e Navot Papushado (Israeliani, registi di Rabies e Big Bad Wolves).
Fo**utamente triste. La poetica storia di una possibile, difficile amicizia tra una soldatessa israeliana e un ragazzino palestinese che, ovviamente, non potrà che finire male. Alla fine avevo un groppo alla gola un po' difficile da mandare giù.


G is for Grandad di Jim Hosking (Inglese, regista del corto Renegades).
Grottesco. Personalmente, l'ho trovato l'episodio peggiore dell'antologia, una surreale lotta tra un nipote stronzo e un nonno pazzo che, da come si mettono le cose a un certo punto, avrei virato sull'horror fantastico per darle un po' più senso. Mah.

H is for Head Games di Bill Plympton (Americano, classe 1946, regista di due corti animati candidati all'Oscar Your Face e Guard Dog, e di Cheatin').
Hhhh. Nel senso che, forse sarò limitata, ma questo tipo di animazione grottesca e assurda non mi fa impazzire. Comunque, è un bell'esempio di come la passione estrema possa diventare un odio altrettanto devastante.

I is for Invincible di Erik Matti (Filippino, classe 1965, regista del corto Vesuvius e di Tiktik: The Aswang Chronicles).
Idiota. Recitato da quelli che sembrerebbero una manica di zamarri arricchiti, racconta la storia di una vecchia che non muore e di una maledizione. Non sarebbe nemmeno brutta come idea ma, davvero, per quel che riguarda gli interpreti sembrava di aver davanti la telenovela filippina, non piemontese. 

J is for Jesus di Dennison Ramalho (Brasiliano, regista del corto Ninjas).
Jesù! Il corto più bello del film, di sicuro il più emozionante e poetico. L'omosessualità vista come "possessione demoniaca" da esorcizzare a colpi di violenza ed ignoranza, un dolore e una "passione" che non possono essere ignorati, né da Dio ne da qualsiasi altra divinità in ascolto. Se non avete il coraggio di imbarcarvi nell'impresa di vedere 26 horror diversi cercate di recuperare almeno questo.


K is for Knell di Kristina Buozyte e Bruno Samper (Lei Lituana, lui - credo - francese, lei regista di Vanishing Waves, lui alla prima esperienza dietro la macchina da presa).
Kaspita! Altro bellissimo episodio, meravigliosamente diretto e inquietante al punto giusto, mi ha ricordato Il male di Dylan Dog per il modo assolutamente casuale ed invasivo con cui, per l'appunto, il male può penetrare nel cuore delle persone e cambiarle per sempre. Per la cronaca, "knell" solitamente sta ad indicare il rintocco funebre.


L is for Legacy di Lancelot Imasuen (Nigeriano, classe 1971)
Leggero. Interessante perché si misura con miti e leggende tribali, per il resto il corto non è nulla di che, sia per la realizzazione che per la trama e si dimentica facilmente.

M is for Masticate di Robert Boocheck (Americano, classe 1976, regista del corto Horrific)
Mah. Simpatico ma ininfluente e, a causa di una mancanza di sottotitoli, non ho capito cosa diavolo abbia causato la follia zombesca/cannibale del ciccione protagonista che, tra l'altro, mette davvero ansia (peccato per gli occhi, le lenti a contatto sono palesemente finte)

N  is for Nexus di Larry Fessenden (Americano, classe 1963, regista di Habit e The Last Winter)
Non particolarmente esaltante. Bellissimo il montaggio, molto serrato, un incrocio di messaggi, orologi e distrazioni ma si sa dove andrà a parare il corto fin dalle prime immagini. Belli però gli omaggi a La moglie di Frankenstein e l'ambientazione a tema Halloween.

O is for Ochlocracy (mob rule) di Hajime Ohata (Giapponese, regista di Henge)
Originale! Dopo un paio di episodi mosci doveva arrivare la follia giapponese a salvarci tutti! L'abusata apocalisse zombie sviscerata da un punto di vista assai particolare, grottesco e anche commovente. Non sarebbe male un film dedicato all'argomento!


P is for P-P-P-P SCARY! di Todd Rohal (Regista, sceneggiatore, attore e produttore americano)
P is for P-P-P-P PUTTANATA! No, davvero. Simpatico l'omaggio ai Tre Marmittoni, alle gag anni '30, al bianco e nero, a quel che volete ma non c'era un altro regista un po' più "a tema", magari un italiano, a cui affidare la lettera P? Mah.

Q is for Questionnaire di Rodney Ascher (Americano, regista del documentario Overlook Hotel - Stanza 237)
Quasi riuscito. Nel senso che, anche lì, fin dall'inizio sappiamo dove andrà a parare il test sull'intelligenza condotto da una simpatica impiegata, però il risultato è comunque impressionante e sconsigliato ai deboli di stomaco.

R  is for Roulette di Marven Kren (Tedesco, regista di Rammbock: Berlin Undead e The Station)
Raffinato. Non si può dire che non lo sia e ad un certo punto ho pensato che una simile sequenza sarebbe stata perfetta per Bastardi senza gloria. Il soggetto è dei più abusati (lo potete capire dal titolo a quale roulette ci si riferisca) ma l'orrore dell'attesa è reso benissimo.

S is for Split di Juan Martinez Moreno (Spagnolo, classe 1966, regista di Game of Werewolves)
Superbo. Abbiamo un vincitore, signori, o perlomeno un corto che se la gioca col meraviglioso J is for Jesus. Un utilizzo incredibile dello split screen per una storia agghiacciante e violenta, un pugno nello stomaco con un finale da mascella per terra. Capolavoro, senza esagerare.


T is for Torture Porn di Jen e Sylvia Soska (Gemelle canadesi, classe 1983, registe di American Mary)
TeriBBile. E non in senso buono. Va bene la critica al maschilismo imperante nell'industria ma le patate tentacolate ormai sono demodé tanto quanto i flash psichedelici di cui è infarcito questo corto che, peraltro, continua anche dopo i lunghissimi titoli di coda del film, con la partecipazione speciale di Laurence R. Harvey (vi dice niente The Human Centipede 2?).

U is for Utopia di Vincenzo Natali (Americano, classe 1969, regista di Cube - Il cubo e Splice)
Uhm. Da un nome conosciuto come Natali mi aspettavo di più ma l'idea di un mondo fatto di centri commerciali e persone bellissime che deve "difendersi" dall'imperfezione è sempre affascinante.

V is for Vacation di Jerome Sable (Canadese, regista di Stage Fright)
Vaccata insopportabile. Non tanto per la realizzazione, interessantissima e con un furbo utilizzo del cellulare come mezzo di ripresa, soggettiva e comunicazione, quanto per i protagonisti. Due "amici" (più che altro due imbecilli) in vacanza; mentre uno telefona alla fidanzata cercando di nasconderle le prove dell'ovvio puttantour in cui si sono impelagati la sera prima l'altro, forse perché detesta la fidanzata dell'amico, prende il telefono e le mostra TUTTO. Ma proprio tutto. Vai a saper perché. Ho amato il finale, comunque.

W is for Wish di Steven Kostanski (Canadese, regista di Manborg e Father's Day)
Wow! Dopo la J e la S questo è indubbiamente il mio corto preferito. Immaginate di poter, per un giorno, finire catapultati in un universo assai simile a quello dei Masters. Uuh, direte, che figata per un bambino poter lottare fianco a fianco coi suoi beniamini! Seh, un par di ciufoli. Non aggiungo altro, guardatelo.


X is for Xylophone di Julien Maury e Alexandre Bustillo (Francesi, registi di A' l'interieur e Livide)
eXagerato. E non mi aspettavo di meno da quei due maledetti che hanno girato A' l'interieur. Come al solito i francesi strafanno e massacrano tutti gli altri 25 episodi, sia in quanto a splatter che in quanto a sonoro e musica. Il finale è il più scioccante della raccolta ma è anche molto prevedibile... è la tensione che si crea prima che conta.


Y is for Youth di Soichi Umezawa (Giapponese, al suo primo lavoro come regista)
Yew. Non che non mi sia piaciuto, anzi, è uno dei corti più originali ma alcune immagini sono davvero disturbanti, oltre che perfette per incarnare l'incoerente e dovuta ribellione di un'adolescente giapponese alle prese con due genitori che meritano ogni tortura immaginata dalla ragazzina.

Z is for Zygote di Chris Nash (Canadese, aveva già provato a partecipare al primo The ABCs of Death con un corto chiamato T is for Thread ma gli era stato preferito il devastante T is for Toilet)
Zio cantante (come direbbe Elio)! Un finale che stende, letteralmente, un body horror triste, disgustoso e opprimente come forse neanche Cronenberg l'avrebbe concepito. Certo, la trama è un gigantesco punto interrogativo ma come morte forse è la più fantasiosa della raccolta e il corto in sé non mi è dispiaciuto affatto.


E' finita anche quest'anno e devo dire che il secondo capitolo di quella che ormai è diventata la migliore vetrina horror cinematografica esistente è molto più bello del primo. A parte un paio di episodi supercazzola, la qualità dei corti è molto alta e, soprattutto, in essi c'è molto più equilibrio; il primo The ABCs of Death era soprattutto splatter e weird, questo spazia un po' in tutte le variazioni dell'horror e ha un ritmo meno forsennato, tanto che sono riuscita a guardarlo senza ritrovarmi con il mal di testa atroce e la voglia di vomitare che mi avevano attanagliato col suo predecessore... Inoltre anche i titoli di testa sono gradevolissimi, dal sapore antico. C'è da sperare che The ABCs of Dead 3: Teach Harder, previsto per il 2016 e nominato nei titoli di coda, si faccia davvero... magari con qualche italiano in mezzo! Nell'attesa, se il film vi fosse piaciuto vi consiglierei di cercare gli altri titoli diretti dai registi coinvolti, come al solito, (cosa che farò io) oppure guardare The ABCs of Death e Creepshow. ENJOY!

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