mercoledì 31 ottobre 2012

Halloween: la notte delle streghe (1978)

Felice Halloween a tutti! Posso finalmente smettere di vergognarmi per il fatto di non avere mai visto uno dei capisaldi del cinema horror e vi scodellerò la recensione proprio in occasione della festività a cui è dedicato. Sto ovviamente parlando di Halloween: La notte delle streghe (Halloween), diretto nel 1978 dal grandissimo John Carpenter.


Trama: il piccolo Michael Myers uccide la sorella maggiore la notte di Halloween e viene rinchiuso in un manicomio. Molti anni dopo il killer, ormai adulto, evade e torna nella sua città natale a seminare morte…


Cosa si può dire davanti ad una pietra miliare del cinema horror? Beh, innanzitutto è meglio affrontarlo mettendosi nei panni di chi, all’epoca, si è ritrovato davanti la pellicola e cancellare per un momento tutto quello che è venuto dopo, in primis il bel remake di Rob Zombie perché, se è vero che le atmosfere permangono inquietanti oggi come allora, Halloween risente comunque di alcune ingenuità che ormai sono state codificate come veri e propri cliché del genere e strappano inevitabilmente il sorriso. Però torniamo indietro nel tempo, agli anni in cui la pellicola compariva sugli schermi americani: io non oso immaginare la reazione degli spettatori che alla fine della prima, magistrale sequenza interamente girata in soggettiva, scoprivano che il killer della ragazza era nientemeno che il suo fratellino vestito da pagliaccio. E qui mi crolla miseramente l’assunto del remake di Zombie perché Carpenter non ci mostra nessuna famiglia disastrata, nessun episodio di bullismo minorile, bensì una semplice famiglia medio borghese americana e una sorella “rea” di aver passato la notte col fidanzato invece di accompagnare il fratello a fare “dolcetto o scherzetto”. La banalità del male o, meglio, l’incredibilità di un “boogeyman” divenuto reale, di un animo talmente nero ed insondabile che persino lo scafato psichiatra Loomis ne è terrorizzato: al Michael Myers di Carpenter non servono motivazioni né un passato di abusi e violenza perché il ragazzone è male allo stato puro, un’inarrestabile, fredda, silenziosa e spietata macchina di morte che si abbatte senza un perché sui giovani abitanti di Haddonfield.


Carpenter, dopo lo scioccante inizio del film, gioca con i nervi dello spettatore fino agli ultimi, “risolutivi” 15 minuti di pellicola. Ci introduce nel mondo di Laurie, riservata e studiosa teenager circondata da amiche oche e presa dal solito lavoretto serale di babysitter, mostrandoci attraverso la storica colonna sonora e immagini ad hoc come qualcosa strida nel suo mondo perfetto, una figura spettrale ed inquietante che viene catturata con la coda dell’occhio, che compare e scompare, che non attacca subito le sue vittime ma le spia, quasi pregustando il momento in cui le priverà della vita. La genialità di Halloween è che il killer e la sua maschera ci vengono mostrati col contagocce, sempre nella penombra, e il momento “clou” viene rimandato all’infinito in un crescendo di tensione, tanto che quando Michael colpisce arriviamo a sentirci quasi delusi perché, come insegnano i grandi maestri del thriller come Hitchcock, non è l’elemento gore a rendere efficace un film come questo, bensì l’attesa, la suspance. Certo, un paio di omicidi mettono i brividi, ma si vede benissimo che non sono questi ultimi ad interessare Carpenter, bensì tutto ciò che c’è intorno.


A dimostrazione di quanto detto sopra, la parte che ho apprezzato meno di Halloween è il baracconesco prefinale, che racchiude in sé tutta la stupidità congenita del genere horror, con la povera, devastata Jamie Lee Curtis che non imbrocca UN’azione che sia una e che, in fiducia, da sempre le spalle al killer lasciando cadere a terra il coltello quando pensa che sia morto. A peerla, ma non lo sai che a gente come Michael non bastano coltellate o stilettate negli occhi e nel collo per morire? Ben diverso, invece,  il finale, con la definitiva consacrazione del killer a boogeyman quasi sovrannaturale, un “signore della morte” (per parafrasare il titolo del famoso seguito di Halloween) in grado di trascendere i limiti della carne e permeare con la sua presenza e il suo respiro soffocato dalla maschera le mura di una casa all’improvviso molto meno sicura… e di farci venire gli incubi per gli anni a venire. Insomma, ragazzi, se non avete mai visto questa pietra miliare dell’horror è giunto il momento di fare come la sottoscritta: recuperatelo, fatevi catturare dalla sua atmosfera vintage e dall’inquietante colonna sonora e passatevi una terrificante festa di Ognissanti!


Del regista e cosceneggiatore John Carpenter ho già parlato qui, mentre Jamie Lee Curtis (Laurie Strode), P.J. Soles (Lynda) e Kyle Richards (la piccola Lindsey) le trovate ai rispettivi link.

Donald Pleasence interpreta il Dr. Sam Loomis. Inglese, lo ricordo per film come Agente 007 – Si vive solo due volte, … Altrimenti ci arrabbiamo!, Dracula, 1997 – Fuga da New York, Il signore della morte (Halloween II), Phenomena, Il signore del male, Nosferatu a Venezia, Halloween 4: Il ritorno di Michael Myers, Paganini Horror, Halloween 5 e Halloween 6: La maledizione di Michael Myers. Ha anche partecipato alle serie Ai confini della realtà e Colombo. Anche sceneggiatore, è morto nel 1995, all’età di 75 anni.


Nancy Kyes interpreta Annie. Americana, ha partecipato ad altri film come Distretto 13: le brigate della morte, Fog, Il Signore della Morte (Halloween II), Halloween III: Il signore della notte e ad un episodio della serie Ai confini della realtà. Ha 63 anni.


Charles Cyphers interpreta lo sceriffo Brackett. Americano, ha partecipato a film come Distretto 13: le brigate della morte, Fog, 1997 – Fuga da New York, Il Signore della Morte (Halloween II), Palle in canna, L’isola dell’ingiustizia – Alcatraz e a episodi delle serie La donna bionica, Charlie’s Angels, Wonder Woman, Starsky & Hutch, Hazzard, Dallas, Freddy’s Nightmares, La signora in giallo, E.R. – Medici in prima linea e Buffy L’ammazzavampiri. Ha 73 anni. 


Carpenter aveva proposto il ruolo di Loomis sia a Peter Cushing che a Christopher Lee, ma entrambi hanno rifiutato (Lee in seguito si pentì moltissimo del rifiuto!). Il film ha generato una marea di seguiti, tutti arrivati anche in Italia e al 90% inguardabili, tranne il secondo capitolo della saga, l’unico ancora diretto da Carpenter: Il signore della morte (Halloween II), Halloween III: Il signore della notte, Halloween 4: il ritorno di Michael Myers, Halloween 5, Halloween 6: La maledizione di Michael Myers, Halloween: 20 anni dopo e Halloween – La resurrezione. Ovviamente, poi, c’è anche il remake di Rob Zombie con il seguito, che vi consiglierei di guardare assieme a Trick’r Treat, Nightmare – Dal profondo della notte, Carrie, Psyco o Venerdì 13 per completare una degna serata horror/halloweena! ENJOY! 

martedì 30 ottobre 2012

Love & Secrets (2010)

Sperando che i maledetti porci della Telecom subiscano ogni mio strale e maledizione consumando i soldi degli abbonati in cure contro la diarrea fulminante, mi metto a scrivere comunque un post che spero di riuscire a pubblicare. Oggi si parlerà del thriller Love & Secrets (All Good Things), diretto nel 2010 dal regista Andrew Jarekci e arrivato in Italia solo quest'anno.


Trama: David è il ricco erede di una famiglia che possiede metà degli edifici di New York. Il ragazzo si innamora di Katie e la sposa, ma dopo il matrimonio comincia a manifestare inquietanti turbe mentali...


Questo Love & Secrets (titolo italiano messo davvero lì a caso, potevano chiamarlo anche Money & Madness, tanto sarebbe stato uguale) mi aveva incuriosita ma, a dire la verità, non è nulla di che, sia come thriller che come film in generale. La confezione è molto più curata rispetto ad un prodotto televisivo, ma bene o male la trama non si discosta molto da quella di una pellicola destinata a finire nel ciclo Alta Tensione. Da spettatori, assistiamo al lento e progressivo sfaldarsi di un rapporto all'apparenza idilliaco, con una narrazione del passato intervallata da immagini di un processo in cui David, ormai vecchio, è imputato per crimini che conosceremo solo verso il finale (escamotage assurdo, peraltro, visto che il film è basato su fatti realmente accaduti e su un caso di persona scomparsa tuttora irrisolto). Purtroppo, questo "non sapere" non concorre a rendere Love & Secrets più interessante: dopo un inizio a modo suo brioso e accattivante, infatti, il film si affossa nel melodramma prevedibile perché possiamo benissimo immaginare quale sia il motivo per cui David è processato, e aspettiamo solo il momento in cui il suo crimine verrà palesato. Quest'attesa, tuttavia, viene resa noiosa e quasi inconcludente da sequenze patetiche, personaggi con i quali è praticamente impossibile relazionarsi e twist della trama abbastanza improbabili (soprattutto sul finale) e troppo simili a quelli di altri thriller meglio riusciti, come per esempio Psyco o persino Attrazione fatale.


Di questo ritmo un po' troppo lento, che va a rendere ancor più banale una storia già raccontata millemila volte, risentono anche gli attori coinvolti che, nonostante offrano prove di indubbia bravura, risultano sicuramente meno efficaci di quanto dovrebbero. L'adorabile Kirsten Dunst, sempre a suo agio nei ruoli un po' "vintage", è quella che se la cava meglio nonostante il personaggio faccia parecchie scelte che possono essere comprese e condivise solo da chi possiede una mentalità americana; Ryan Gosling non è mai rientrato molto nelle mie corde, con quella faccia da stordito perenne, ma per il ruolo del traumatizzato e represso David è praticamente perfetto (anche se verso il finale fa un po' senso, lo ammetto...); infine, il vecchio Frank Langella incombe su tutti i personaggi con la sua aura oscura da freddo manipolatore, a cui si possono ricondurre facilmente le tragedie che hanno reso la vita dei suoi "cari" un inferno. Accanto a questi tre personaggi principali ne vengono inoltre introdotti un paio verso la fine che, pur se ben interpretati, parrebbero quasi inseriti a forza nella trama, mossi da motivazioni quantomeno assurde e a loro modo pretestuose; con la loro presenza è come se il film si dividesse in due parti, la prima a modo suo interessante, la seconda quasi slegata dal resto della pellicola, come se fosse una storia a sé stante. Insomma, Love & Secrets è un film che potete perdervi tranquillamente, buono forse solo per i fan della Dunst e di Gosling, che rischiano però di rimanere delusi.


Di Ryan Gosling (David), Kirsten Dunst (Katie), Philip Baker Hall (Malvern) e Kristen Wiig (Lauren) ho già parlato nei rispettivi link.

Andrew Jarecki è il regista della pellicola. Americano, ha già diretto un documentario, Una storia americana - Capturing the Friedmans e un corto. E' anche produttore.


Frank Langella (vero nome Frank A. Langella Jr.) interpreta Sanford, il padre di David. Americano, lo ricordo per film come Dracula, I dominatori dell'universo, 1492 - La scoperta del paradiso, Body of Evidence - Il corpo del reato, Dave - Presidente per un giorno, Brainscan - Il gioco della morte, Junior, Corsari, Lolita, Small Soldiers, La nona porta, Red Dragon (era la voce del Drago in alcune scene eliminate), Good Night, and Good Luck., Superman Returns e Wall Street - Il denaro non dorme mai. Ha 74 anni e tre film in uscita.


Tra gli altri attori segnalo Lily Rabe, che interpreta la migliore amica di David e che è una delle protagoniste principali della meravigliosa seconda stagione dell'inquietante American Horror Story, serie che vi consiglio prontamente di recuperare. ENJOY!!

lunedì 29 ottobre 2012

L'era glaciale 4 - Continenti alla deriva (2012)

Mercoledì sera ho dato prova di grande amicizia a due stordite che vedo troppo poco spesso per i miei gusti e assieme siamo andate a vedere non già Cogan – Killing Them Softly (maledette!! Me la pagherete!!!) bensì L’era glaciale 4 – Continenti alla deriva (Ice Age: Continental Drift), diretto da Steve Martino e Mike Thurmeier.


Trama: cercando di impossessarsi della sua amata ghianda, Scrat scatena la deriva dei continenti del titolo. Nel corso del cataclisma Manny, Diego, Sid e la nonna del bradipo si ritrovano separati dagli altri animali e bloccati su un pezzo di ghiaccio in mezzo all’oceano;  per poter tornare a casa dovranno combattere contro Capitan Sbudella e la sua ciurma di pirati…


Ci sono due modi di affrontare un film simile. Uno, come ho fatto io, è quello di andare con due dei vostri migliori amici, già predisposti ad una serata ad alto tasso di idiozia, pronti a ridere per un nonnulla e a fare gli imbecilli a rischio di farsi cacciare a pedate dall’enorme sala semideserta. Oppure, potete accingervi alla visione con animo critico e allora sugnu ‘azzi vostri. Visto con l’ottica del “degenero”, L’era glaciale 4 fa il suo porco dovere: innanzitutto, nonostante il design dei personaggi sia sempre quello un po’ goffo e rigido del primo film, la grafica al computer è semplicemente spettacolare e alcune sequenze sono mozzafiato, in particolare quella del naufragio di Manny e compagnia. Poi, vabbé, ovvio che chi va a vedere L’era glaciale lo fa soprattutto sperando nelle gag di Sid e Scrat. Lo scoiattolo, bontà sua, ci regala un’esilarante versione della fine di Atlantide mentre Sid, povero bradipo incompreso, viene quasi completamente eclissato dalla rincoglionitissima nonna, una sozza bradipa violacea senza denti e provvista persino di animaletto immaginario (forse…) che si rivolge a Diego chiamandolo “Signora”. Nelle ciurma di pirati, invece, spicca un coniglio feroce e completamente pazzo, mentre l’isolotto dove approdano i nostri eroi è pieno zeppo di dolci e paffute creaturine che potrebbero essere chipmunk, lemmings o chissà quali altre bestie dolciotte e pelose. E qui finiscono i pregi de L’era glaciale 4, in effetti.


Con tutta la buona volontà, infatti, non ci si può non rendere conto che si ride a denti stretti e troppo poco spesso per un film simile. La reiterata moraletta della famiglia che è meglio di un “branco” perché ci accetta a prescindere da quanto siamo strani e il monito a rimanere sempre e comunque sé stessi, senza cambiare per compiacere gli altri, perseguita lo spettatore per tutto il film, soprattutto attraverso la figlia di Manny, Pèsca (mi raccomando, vogliamo una dizione perfetta!), un tempo dolce batuffolotto di pelo e ora adolescente ribelle col chiulo enorme e il ciuffo piastrato, un po’ come l’80% delle ragazze che si vedono in giro. A questa camurrìa (alla fine, come ho detto, chi se ne frega degli altri personaggi? Noi vogliamo Manny, Sid, Diego e Scrat!!) si aggiunge il fatto che i personaggi nuovi non sono nulla di trascendentale, che non c’è più Leo Gullotta a doppiare Manny… e ci sono persino le canzoni!! Quella cantata da Capitan Sbudella sono riuscita ancora a sopportarla, ma quella accompagnata dal balletto nei titoli di coda è talmente imbarazzante che non avrebbe sfigurato in una puntata de Il mondo di Patty. In definitiva, ormai la serie sta perdendo mordente e si vede… L’era glaciale 4 potrebbe andare bene giusto per una serata in compagnia ma non sprecate soldi per vederlo al cinema e, soprattutto, in 3D; l'unica cosa che val la visione in sala è il delizioso corto che precede la pellicola, interamente dedicato a Maggie Simpson, dal titolo The Longest Daycare, a mio avviso molto ma molto più acuto e divertente di L'era glaciale 4!


Di Nick Frost (doppiatore originale del lamantino Flynn) Simon Pegg (che doppia Buck) Seann William Scott (Crash) e Patrick Stewart (Ariscratle) ho già parlato nei rispettivi link.

Steve Martino è coregista della pellicola. Ha già diretto Ortone e il mondo dei Chi e due corti dedicati a Scrat, inoltre ha in progetto un film sui Peanuts che dovrebbe uscire nel 2015.


Mike Thurmeier è coregista della pellicola. Canadese, ha codiretto L’era glaciale 3 - L’alba dei dinosauri e tre corti dedicati a Scrat. Ha 47 anni.


Peter Dinklage è il doppiatore originale di Capitan Sbudella. Americano, lo ricordo per film come Elf e per la partecipazione a serie come Nip/Tuck e Il trono di spade. Anche produttore e stuntman, ha 43 anni e sei film in uscita.


Queen Latifah (vero nome Dana Elaine Owens) è la doppiatrice originale di Ellie. Americana, la ricordo per film come Sfera, Il collezionista di ossa, Al di là della vita, Chicago e Scary Movie 3 – Una risata vi seppellirà; ha doppiato personaggi di Pinocchio, L’era glaciale 2 – Il disgelo, L’era glaciale 3 - L’alba dei dinosauri, un episodio de I fantagenitori e partecipato alla serie Willy, il principe di Bel Air. Anche produttrice, cantante e sceneggiatrice, ha 42 anni e un film in uscita.


Denis Leary è il doppiatore originale di Diego (doppiato, in italiano, da Pino Insegno). Americano, lo ricordo per film come Palle in canna, Demolition Man, Cuba Libre – La notte del giudizio, Small Soldiers e The Amazing Spider – Man; ha inoltre doppiato personaggi di A Bug’s Life – Megaminimondo, L’era glaciale, L’era glaciale 2 – Il disgelo e L’era glaciale 3 - L’alba dei dinosauri. Anche sceneggiatore, produttore, compositore e regista, ha 55 anni.


John Leguizamo è il doppiatore originale di Sid (doppiato, in italiano, da Claudio Bisio). Colombiano, lo ricordo per film come 58 minuti per morire – Die Harder, Super Mario Bros., Carlito’s Way, A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar, The Fan – Il mito, Romeo + Giulietta, Spawn, Moulin Rouge!, La terra dei morti viventi e E venne il giorno; ha inoltre prestato la voce a personaggi dei film Il Dottor Dolittle, L’era glaciale, L’era glaciale 2 – Il disgelo e L’era glaciale 3 - L’alba dei dinosauri e partecipato alle serie Miami Vice, E.R. - Medici in prima linea e My Name Is Earl. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 48 anni e cinque film in uscita, tra cui Kick - Ass 2.


Jennifer Lopez è la doppiatrice originale di Shira. Americana, più conosciuta come cantante dal culo più bello del mondo che come attrice, la ricordo per film come Blood and Wine, Anaconda, Out of Sight, The cell - La cellula e Jersey Girl; ha inoltre prestato la voce per "Z" la formica e partecipato alla serie How I Met Your Mother. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 44 anni e un film in uscita.


Tra gli altri doppiatori USA segnalo anche la rapper zamarrona Nicki Minaj nei panni di una delle elefantine sceme, Wanda Sykes, che doppia la nonnina di Sid, oltre ad essere una delle più grandi comiche americane aveva già catturato la mia attenzione tra i clienti di Clerks II e ovviamente non può mancare il regista Chris Wedge, storico regista del primo episodio, sempre impegnato nei versetti di Scrat. Nulla di fatto invece per Jeremy Renner, che avrebbe dovuto doppiare Capitan Sbudella ma ha abbandonato il progetto per altri impegni. Se il film vi fosse piaciuto, vi consiglio di recuperare tutti i prequel, L’era glaciale, L’era glaciale 2 – Il disgelo e L’era glaciale 3 - L’alba dei dinosauri oltre a Madagascar e Alla ricerca di Nemo. ENJOY!!

giovedì 25 ottobre 2012

(Gio)WE, Bolla! del 25/10/2012

Questo giovedì ha portato con sé diversi malanni, in primis un bel raffreddoraccio che stanotte mi ha tenuta sveglia. Non so con quanta lucidità, dunque, andrò a presentarvi le uscite per il weekend… e vista l’incombenza di Halloween e altri lieti eventi non so nemmeno se riuscirò andare a vedere quelle due pellicole che vorrei gustarmi stravaccata in sala (tra cui ancora Cogan – Killing Them Softly, mannaggia). Vabbé, sarà quel che sarà.. intanto parliamone! ENJOY!


Le belve
Reazione a caldo: ma magari…
Bolla, rifletti!: quel tristissimo “ma magari” segna già il mio destino di povera sfigata che dovrà recuperare il film in altro modo. Pare che nomi come Oliver Stone, Benicio Del Toro e John Travolta non tirino più come una volta, invece a me è bastato il trailer per decidere che questo film sarebbe stato un “must see”, pur non avendo mai letto il libro di Don Wislow. Che dire, incrociamo le dita, magari qualcuno si commuove e mi porta.


Alla ricerca di Nemo – 3D
Reazione a caldo: per principio direi proprio di no.
Bolla, rifletti!: a dire il vero vorrei rivedere Alla ricerca di Nemo in 3D perché, di solito, i film ambientati sui fondali marini sono quelli che rendono maggiormente con questa nuova tecnica. Però, ecco, queste operazioni commerciali mi sanno di presa in giro quindi, nonostante adori la pellicola e tutti i suoi divertentissimi personaggi, credo proprio che passerò la mano.


Viva l’Italia
Reazione a caldo: Viva l’Italia di questi tempi…?
Bolla, rifletti!: scorrendo rapidamente il cast del film vedo almeno QUATTRO degli attori principali che mi stanno profondamente sulle balle, quindi immaginate già con che spirito lieto mi accingo a snobbare la solita commediucola italiana che cavalca le mode del momento (per dirla allla Zoo di 105: politici italiani, fuori dai co**ioni…) e immagina, nientemeno, quello che succederebbe se ad un senatore corrotto venisse un tumore al cervello e ciò lo trasformasse nel politico perfetto.. Edificante, molto. Avanti un altro!


Io e te
Reazione a caldo: sono combattuta.
Bolla, rifletti!: tra Ammaniti e il maestro Bertolucci potrebbe venire davvero fuori qualcosa di grandissimo. Purtroppo il trailer non mi convince per nulla, così come gli interpreti principali. Aspetto, come al solito, che qualche blogger illuminato si immoli al posto mio, per poi magari recuperare la pellicola in altro modo… d’altronde mi spiace dover sempre ignorare le poche uscite italiane vagamente interessanti che di tanto in tanto si profilano all’orizzonte.

Il cinema d’élite rimane sempre fermo a Il matrimonio che vorrei (a quanto pare ha avuto un successone!), quindi ci riaggiorniamo la prossima settimana!


martedì 23 ottobre 2012

Biancaneve e i sette nani (1937)

Questo è stato sicuramente l’anno delle fiabe. Dopo il carinissimo Biancaneve di Tarsem e l’immondo Biancaneve e il cacciatore, mi è venuta una scimmia cosmica per la serie Once Upon a Time, quindi mi sono detta: perché non riguardare Biancaneve e i sette nani (Snow White and the Seven Dwarfs) della Disney, diretto nel 1937 dal regista David Hand?


Trama: Biancaneve è la fanciulla più bella del reame e la cosa indigna non poco la perfida regina, che vorrebbe ucciderla per risolvere il problema definitivamente. L’ingenua ragazza scappa così nel bosco, dove viene ospitata dai sette nani… ma il pericolo è sempre in agguato!


Biancaneve è stato il primo film animato prodotto in America e anche il primo che la mamma mi ha portata a vedere al cinema, all’età di sei anni (no, non sono settantacinquenne, era la riedizione dell’aprile del 1987, devo chiederle se mi ci ha portato per il compleanno!!). Di quell’esperienza ricordo benissimo che avevo adorato i nani, ovviamente, e la canzone “Impara a fischiettar”. Rivisto a distanza di più di vent’anni, Biancaneve risulta ancora bellissimo, almeno tecnicamente, nonostante da allora l’animazione ne abbia fatta di strada (in meglio, ma a volte anche in peggio, acquisendo una freddezza maggiore), ma risulta anche un po’ datato per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi. Biancaneve e il Principe, infatti, sono le figure più monodimensionali della storia dei lungometraggi animati: la prima canta di lungo e fa solo quello che ci si aspetterebbe da una brava casalinga, oltre ad essere una rompipalle della peggior specie, mentre il secondo, da bravo frescone, arriva, si innamora della fanciulla e poi scompare finché un giorno non gli arriva all’orecchio che la sua amata è morta e quindi, ecco, magari sarebbe il caso che si facesse rivedere. Meno male che ci sono i poveri Nani, la gioia di qualsiasi bifolco privo di gusto ma dotato di giardino e la fortuna degli stilisti d’oggi che li schiaffano su trashissime borse, portafogli e magliette per “modiche” cifre che, in tempi di crisi, sono perlomeno imbarazzanti. L’ingrugnato Brontolo, il confusionario Dotto, lo scemino Cucciolo e i loro degni compagni sono l’anima comica e la vita stessa del film, rubano la scena alla protagonista senza alcuno sforzo e surclassano persino la figura, ahimé poco sfruttata, della regina/strega, le cui apparizioni sono comunque memorabili.


Rispetto a cartoni animati Disney più moderni (e non parlo di quelli di adesso, ma prendo un esempio a caso, La bella e la bestia), guardando Biancaneve si ha la sensazione che la trama sia un mero pretesto per cucire assieme una serie ininterrotta di canzoni e scenette, un modo per girare un Silly Symphony più lungo del normale. Fin dall’inizio, infatti, la protagonista parla in rima oppure ci delizia con la sua vocina (il film dura un’ora e venti e le canzoni, tutte abbastanza lunghette, sono almeno otto) e, al di là dell’introduzione e del finale, più di metà pellicola è dedicata all’interazione tra Biancaneve e gli animaletti della foresta, alla pulizia della casa, all’esilarante siparietto in cui Dotto e compagnia credono di avere un mostro in casa e, infine, al bagno dei nanetti, tutte sequenze in perfetto accordo con quello spirito disneyano che umanizza le bestiole, le rende dei perfetti collaboratori domestici e permette agli animatori di creare le soluzioni più impensabili, colorate e meravigliose. Detto questo, zucchero e melassa a parte, pare che all’epoca parecchi mocciosi se la fossero letteralmente fatta sotto ad ogni apparizione della strega cattiva. Effettivamente, da brava amante dell’horror sono rimasta parecchio colpita sia dall’aspetto inquietante dello Specchio magico che dal delizioso gusto macabro con cui viene affrontata la morte, resa senza troppi fronzoli e senza essere edulcorata da graziose metafore: la povera Biancaneve urla sotto l’effetto del veleno mentre la strega ne descrive gli effetti e la caduta dalla rupe della vecchiaccia (inseguita e privata di ogni via di fuga da nani inferociti) viene seguita avidamente da un paio di avvoltoi palesemente pronti a cibarsi di lei.


Come avrete capito dal tono ironico della recensione, Biancaneve e i sette nani non è proprio il mio film Disney preferito, però non esito a riconoscere la sua natura di capolavoro. Basti solo pensare all’inventiva con la quale le coloriste hanno ovviato al problema di dare un tocco naturale alle guance (bellissime!) di Biancaneve, applicando del vero fard fotogramma per fotogramma per rendere la più bella del reame ancor più bella, alla delicatezza del design dei personaggi, con il viso e le movenze della protagonista chiaramente ispirati alle dive del muto, alla caratterizzazione di ogni nano, a partire dal meraviglioso Brontolo, alla grazia e fluidità delle scene più concitate e allegre, allo stilosissimo look della regina cattiva e al bellissimo cielo sul finale, dove le nuvole formano il sogno dorato di un lieto futuro per Biancaneve e il Principe. Anche una cinica come me si concede si sognare quindi? Hmmm non proprio, sono sempre comunque allergica alla melassa, però Biancaneve e i sette nani è un pezzo di storia cinematografica che non potete proprio farvi mancare!

David Hand è il regista della pellicola, o meglio direttore dell’animazione. Americano, ha diretto film come Bambi e parecchie delle cosiddette “Silly Simphonies” Disney. Anche produttore, è morto nel 1986, all’età di 86 anni.
Gli altri animatori/registi che hanno collaborato alla realizzazione di Biancaneve e i sette nani assieme a David Hand sono William Cottrell, Wilfred Jackson (che anni dopo, assieme a Clyde Jeronimi e Hamilton Luske avrebbe firmato uno dei miei film Disney preferiti, Alice nel paese delle meraviglie), Larry Morey, Perce Pearce e Ben Sharpsteen.


Il film ha ricevuto una nomination all’Oscar per la migliore colonna sonora e ha consentito a Walt Disney di vincerne uno alla carriera… o meglio, una statuetta grande e sette statuettine più piccole. Se Biancaneve vi fosse piaciuto consiglio il recupero di altri grandi classici come Cenerentola, La bella addormentata nel bosco, La bella e la bestia, La Sirenetta e Alice nel paese delle meraviglie. ENJOY!

lunedì 22 ottobre 2012

Frontiers (2007)

C’è stato un periodo in cui “cinema horror francese” era il sinonimo di macellate incredibili e violenza oltre ogni dire. In quel periodo, o meglio nel 2007, usciva Frontiers (Frontière(s)) di Xavier Gens, che ovviamente è un validissimo esempio di quanto sopra…


Trama: dopo una rapina, quattro ragazzi si danno appuntamento in un fatiscente hotel appena prima della frontiera. Quando i gestori si riveleranno essere dei folli neonazisti, quanti di questi ragazzi pensate sopravviveranno….?


Frontiers riattizza la mia antipatia per il cinema di genere francese. Intendiamoci, come horror splatter (o meglio, torture porn) è un trionfo perché è ipersadico, iperviolento, con secchiate di sangue che si riversano sullo spettatore fino ad annegarlo e brutalità inenarrabili che scorrono sullo schermo praticamente senza soluzione di continuità… ma posso permettermi di dire “che due palle”? Gens non apporta davvero nulla di nuovo al genere, anzi, si adagia nel desiderio di privare la sua creatura di ogni caratteristica “europea”, o quasi. Infatti, dopo un promettente inizio che si collega direttamente alle rivolte nelle Banlieu parigine, la pellicola si distacca quasi completamente dal tema introduttivo, salvo per qualche blandissima riflessione sull’impossibilità di preservare dal caos la vita che verrà e sul timore di un futuro incerto, diventando una sorta di Texas Chainsaw Massacre dove il parallelismo tra polizia violenta e maniaci neonazisti diventa quasi inquietante e, francamente, un po’ ridicolo (vogliamo fare una seria riflessione sulla violenza congenita nella società e il rischio che l’ordine diventi caos guardando un horror? C’è il bellissimo e nostranissimo Diaz di Vicari, non dobbiamo andare fino in Francia).


Ci troviamo quindi di fronte alla solita storiaccia splatter e tipicamente aMMeregana in cui un gruppetto di sfigati viene massacrato dalla solita famiglia di maniaci macellai cannibali e capeggiati da un patriarca tanto vecchio quanto rincoglionito, gente particolarmente stronza che non si limita a mettere le vittime sotto sale, ma ama anche molto dileggiarle durante cene organizzate espressamente per loro (vedi il già citato Texas Chainsaw Massacre con il meraviglioso nonno mummificato che cerca di fracassare la testa a una povera fanciulla…); all’ormai quasi simpatico quadretto familiare d’ispirazione americana, Gens aggiunge poi il gusto tutto francese di prendersela con delle donne, possibilmente incinte, che chissà perché cominciano a venire seviziate e spogliate della loro identità femminile/sanità mentale con una bella rasatura della chioma, per poi ritrovarsi sul finale completamente folli, urlanti e immerse nel loro sangue e in quello di altre millanta persone. Anche per quanto riguarda la regia Gens si discosta dal gusto europeo per rifugiarsi in soluzioni molto americane e videoclippare, come l’abbondante uso di ralenti, un montaggio serratissimo e addirittura riprese fatte a mano con una telecamera digitale opportunamente messa in mano ad uno dei malcapitati, per non parlare del finale dove abbondano esplosioni e raffiche di mitra manco fossimo ne I mercenari.


Detto questo, il mio giudizio sul film non è completamente negativo. In mezzo a tutta questa sanguinolenta banalità qualche momento di vera (ma non alta) tensione c’è, come l’incredibile sequenza che mostra due dei protagonisti mentre si infilano stupidamente in uno strettissimo cunicolo, oppure la brillante idea di non mostrare mai completamente i bambini presumibilmente deformi che abitano nella vecchia miniera. Validi anche gli attori, Karina Testa in primis, visto che per una volta non ci troviamo davanti i soliti giovinetti bellocci che popolano gli horror, bensì un paio di credibilissimi abitanti delle Banlieu (nonostante siano comunque imbecilli come i loro “cugini” americani, eh). In definitiva, quindi, credo che ogni amante dell’horror potrebbe trovare pane per i suoi denti in Frontiers, a patto di non cercare l’originalità a tutti i costi… sicuramente, le persone deboli di stomaco sono pregate di astenersi.


Di Karina Testa, che interpreta Yasmine, ho parlato qui.

Xavier Gens è il regista e sceneggiatore della pellicola. Francese, ha girato film come Hitman e The Divide. Anche attore, ha 37 anni e tre film in uscita.


Per chi ha amato quella trashissima miniserie (ovvero io), segnalo che Aurélien Wiik, l’attore che interpreta Alex, figurava in La maledizione dei templari come Edoardo III. Se per caso Frontiers vi fosse piaciuto, vi consiglio invece di vedere Alta tensione, Eden Lake, Borderland o Non aprite quella porta. ENJOY!

venerdì 19 ottobre 2012

Viaggio in paradiso (2012) + 500 "post" insieme!

Buon venerdì a tutti!
Prima di cominciare con la recensione del film devo fare un doveroso ringraziamento a tutti quelli che seguono questo blog perché siamo arrivati a 500 POST!!
Il Bollalmanacco era cominciato quasi per scherzo nel 2007 e all'inizio lo curavo davvero pochissimo.. uno, massimo due post al mese quando andava bene mentre adesso tengo moltissimo a questa bislacca creatura e cerco di aggiornarlo il più possibile, per la disperazione degli utenti.
Se sto continuando su questa strada, nonostante la mia cronica pigrizia, è perché mi sembra che lo sforzo sia apprezzato e che, nonostante il Bollalmanacco sia una gocciolina nel mare dei blog dedicati al cinema che popolano internet (di solito non arrivo ai 200 visitatori giornalieri!), uno "zoccolino" duro di affezionati c'è, e ci sono anche alcuni cari amici che fanno pubblicità, nonché il buon Letimbro che pubblica mensilmente una delle mie recensioni.
Quindi, che dire... se continuerete a seguirmi (e a commentare, i commenti mi piacciono tanto *-* ma sono sempre pochini ç_ç) cercherò di arrivare a... MMMMILLE!!! 
Grazie ancora!!
Babol

500 post? Ciumbia! Credevo non sarei nemmeno arrivata a 50!
 


Qualche mese fa usciva in Italia Viaggio in paradiso (Get the Gringo), film distribuito negli USA solo per il mercato dei video on demand e diretto dal regista Adrian Grunberg. Normalmente non gli avrei dato una singola chance, ma siccome ho letto recensioni abbastanza positive ho deciso di provare…


Trama: dopo una rapina e una rocambolesca fuga dalla polizia, il gringo del titolo originale finisce rinchiuso nel “pueblito”, una sorta di città – prigione messicana. Lì dovrà capire innanzitutto come uscire e recuperare il malloppo, oltre ad aiutare un ragazzino e sua madre, prigionieri come lui…


Apro una parentesi assolutamente paracula: è in momenti come questi che si capisce quanto siano utili i blog cinematografici gestiti da appassionati e non da spocchiosi addetti ai lavori perché, normalmente, un film come Viaggio in paradiso sarebbe stato massacrato dalla critica e sconsigliato senza riserve, mentre in realtà la pellicola in questione è un godibilissimo e divertente action con un Mel Gibson incredibilmente in forma e ironico. La trama mescola (o sarebbe meglio dire shakera?) al ritmo di indiavolate melodie messicane un insieme di cliché che, pur essendo vecchi come il mondo, riescono sempre a dare un senso alla maggior parte di questo genere di film: c’è il delinquente scafato e stronzo ma fondamentalmente dotato di un cuore tenerissimo, la cricca di poliziotti messicani e americani corrotti, il gangster che, pur essendo in carcere, fa il bello e il cattivo tempo all’interno della prigione e cattivi ancor più cattivi che tramano nell’ombra spinti dal desiderio di recuperare i loro soldi. Se a questo aggiungete rocamboleschi inseguimenti su quattro ruote, pallottole che volano ogni due per tre, gente che gioca a pallavolo con le bombe a mano, conseguenti esplosioni e ininterrotte sequele di improperi in spagnolo e inglese, saprete già più o meno cosa aspettarvi.


In tutto questo, uno dei motivi che rendono particolare e simpatico Viaggio in paradiso è, paradossalmente, proprio ciò che mi aveva tenuta lontana dalla sala al momento della sua uscita, ovvero la presenza di Mel Gibson. Il vecchio Mel, infatti, nel corso della pellicola gigioneggia senza ritegno, introducendo la storia con un’ironica voce fuori campo e passando sfacciatamente indenne tra i pericoli più camurriosi, beffando i nemici con barbatrucchi discutibili che arricchiscono il film con un indispensabile tocco trash, come per esempio l’idea di imitare Clint Eastwood al telefono (non chiedete: guardate e capirete!). Ad affiancare il bravo Mel ci sono validissimi caratteristi, in primis un moccioso dalla faccetta triste e una mamma segnata, per una volta, dalle rughe del tempo e della vita, senza dimenticare guest star più conosciute come il mio aMMore Peter Stormare o l’infamissimo Bob Gunton. Il secondo motivo, invece, che mi ha fatto apprezzare il film è l’inusuale commistione fra i picchi di ironia sborona già citati e momenti incredibilmente seri, quasi un po’ tristi, se vogliamo, quasi tutti legati al brutto destino da cui  il povero pargolo cerca di fuggire.


Nulla di nuovo, infine, per quanto riguarda la realizzazione. Il regista gioca la carta dello stile “Rodriguez” con ralenti messi ad hoc e velocissime sequenze d’azione dove conta più la furbizia dei coinvolti che la forza fisica, la fotografia ha quel colore “bruciato” tipico di altre pellicole simili e la colonna sonora alterna pezzi di Manu Chao alle musiche tipiche dei Mariachi, ovvero generi che personalmente non mi dispiacciono affatto. Mi è piaciuta molto anche la rappresentazione di questo “El pueblito”, l’incredibile città all’interno di una prigione dove gli “ospiti” possono vivere con le loro famiglie, dotati di comfort quali tatuatore, supermercato, spacciatore di eroina e quant’altro: la sequenza che mostra l’inaspettato passaggio dalla prigione classica a questo variopinto e vivacissimo luogo è decisamente sorprendente. Poi, ovviamente, davanti a un film simile bisogna chiudere un occhio su cose come la quasi assoluta mancanza di verosimiglianza e altre banalità assortite quindi, a parte questo, lamenterei solo l’assenza di sottotitoli durante gli interminabili dialoghi in strettissimo spagnolo che costituiscono almeno il 60% di Viaggio in paradiso… avendo però visto il film in lingua originale non saprei dire se l’adattamento italiano ha ovviato al problema. Detto questo, vi consiglierei di recuperare Viaggio in paradiso a prescindere, per una serata senza pensieri, però in lingua originale, per poter godere di questo continuo alternarsi di idiomi.


Di Peter Stormare, che interpreta Frank, ho già parlato qui mentre Bob Gunton, che interpreta Thomas Kaufman, lo trovate qua.

Adrian Grunberg è lo sceneggiatore della pellicola, alla sua prima esperienza come regista. Americano, è stato anche aiuto regista e attore.


Mel Gibson (vero nome Mel Columcille Gerard Gibson) interpreta il protagonista (che nel film non ha un nome vero e proprio ma nei titoli è segnato come “Driver”), inoltre è anche sceneggiatore della pellicola. Nato come star di un certo tipo di action e “morto” come regista pure troppo impegnato, ricordo questo famosissimo attore americano per film come Interceptor, Interceptor – Il guerriero della strada, Il Bounty, Mad Max oltre la sfera del tuono, Arma letale, Arma letale 2, Due nel mirino, Arma letale 3, Braveheart – Cuore impavido (che gli è valso l’Oscar come miglior regista), Arma letale 4 e Signs, inoltre ha doppiato personaggi di Pocahontas e Galline in fuga. Anche produttore e stuntman, ha 56 anni e un film in uscita, l’attesissimo Machete Kills.


Non prendetemi per pazza, so bene che è di tutt’altra fattura, ma se Viaggio in paradiso vi fosse piaciuto consiglierei la visione di Drive. ENJOY!

giovedì 18 ottobre 2012

(Gio)WE, Bolla! del 18/10/2012

E’ arrivato giovedì e con lui sono arrivati il freddo e le nuove uscite cinematografiche della settimana. Anche questo sarà un weekend pieno di piacevoli impegni, per fortuna, ma chissà che domenica o la settimana prossima non ci scappi un film… ENJOY!


Il comandante e la cicogna
Reazione a caldo: mah…
Bolla, rifletti!: ho visto il trailer qualche settimana fa e ricordo soltanto il sembiante inguardabile del solitamente affascinante Luca Zingaretti. Per il resto mi sembra la solita commediola italiana a base di padri ingenui, mogli assenti, figli ribelli, equivoci a palate eccetera. Evitabilissimo.


Gladiatori di Roma
Reazione a caldo: Ma che è sta roba…?
Bolla, rifletti!: la risposta italiana ai film d’animazione USA è un’inquietante robaccia in treddì ambientata appunto ai tempi dei gladiatori (e cosa ci sarebbe di più italiano? Una bella storia sul primo mandolino o sulla prima pizza mai prodotti?) che conta nel cast dei doppiatori anche Belen Rodriguez nei panni di una… hm… allenatrice? Ossignore. Fare battute su questa camurrìa sarebbe come sparare sulla croce rossa. Evitiamo anche questo, vah.


Cogan – Killing Them Softly
Reazione a caldo: eh, finalmente qualcosa che mi ispira!!
Bolla, rifletti!: come ben sa chi mi conosce, spesso non scelgo il film in base alla trama, alla realizzazione o al genere, ma in base agli attori. In questo caso parliamo di James Gandolfini, Ray Liotta e Richard Jenkins tutti riuniti sotto l’egida di un bel film mafiosetto e violento. Come posso dir di no? Ah sì, c’è anche Bradano Pitt, ma questo è un dettaglio trascurabilissimo.

Il cinema d’élite, infine, si butta stranamente sulla commedia americana…


Il matrimonio che vorrei – Hope Springs
Reazione a caldo: hm no, non m’ispira..
Bolla, rifletti!: per carità, l’accoppiata Tommy Lee JonesMeryl Streep è sicuramente vincente e come commedia questo tentativo di due vecchietti di ritrovare la passione dei primi tempi del matrimonio potrebbe anche essere carino… ma diciamoci la verità, film simili si possono tranquillamente recuperare per una serata casalinga, non è il caso di andare al cinema. Lo metto comunque nell’ormai sterminato elenco di visioni future, pur con qualche riserva.

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