martedì 29 marzo 2011

Autopsy (2008)

Le mie sono lacrime di coccodrillo. Voglio dire, dopo la visione di The Human Centipede (First Sequence, non dimentichiamoci che era solo la prima parte, buon Dio…) dovrei avere imparato a diffidare degli horror “medici” e a fare finta di non conoscerne neppure l’esistenza. E invece mi sono guardata Autopsy, diretto nel 2008 dal regista Adam Gierash, alternando momenti di sconforto a momenti di perplessità.

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Trama: Mardi Gras, New Orleans. Dopo una serata a base di alcool e droga, un gruppetto di ragazzi investe un uomo e uno di loro rimane ferito. La degenza in ospedale si rivela però ben peggiore dell’incidente stesso…

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Il filone dei mad doctor è infinito quanto quello degli slasher. Da che mondo è mondo, a partire da Frankenstein, c’è sempre qualche luminare della medicina che combina delle idiozie per perseguire scopi più o meno nobili. Mary Shelley, a fine ottocento, cercava una logica nelle azioni “pratiche” del suo personaggio, gli sceneggiatori dei nostri giorni non si sbattono nemmeno, limitandosi a schiaffare in faccia agli spettatori delle enormità che non stanno né in cielo né in terra. In questo caso abbiamo un abile chirurgo che deve salvare la povera moglie da un tumore all’ultimo stadio, e che non si ferma di fronte a nulla per riuscirci. Mi sta bene, il trapianto di organi è sempre una cosa positiva e fattibile… ma non mi spiego perché invece in Autopsy quest’uomo tenti tutto meno che il trapianto di organi, fino ad arrivare a creare, verso il finale, una sorta di non meglio definito “sistema circolatorio esterno”, con interiora appese a mò di festoni per tutta la stanza… e solo per avere un costante flusso di fluidi che possa mantenere in vita la moglie. Considerato che vuoi portarti la consorte per seconda luna di miele a Roma , e considerato anche che questo metodo assurdo è l’unico che la mantiene in vita… ma cosa fai, ti infili tutto l’insieme di organi collegati in un set di valigie? Questa, nel caso ve lo stiate chiedendo, è solo la punta dell’iceberg di un film che, alla fine, è solo un’accozzaglia di schifoserie assortite, fortunatamente mostrate con abbondante umorismo nero.

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Sì perché, tolti gli insipidi e giovani protagonisti, che in Autopsy vengono trattati come carne da macello più che in altri film, i cattivi sono talmente bastardi e pazzi da risultare quasi simpatici. C’è l’infermiera vezzosa, materna ma anche inflessibile con i pazienti (che giustamente si lamenta quando la sporcano di sangue, pulizia innanzitutto!), ci sono i due infermieri che “stavano meglio quando stavano peggio”, ovvero quando facevano i mercenari e rubavano cadaveri in Angola (aah, i bei tempi andati…), c’è il chirurgo stesso che si diletta nell’usare strumenti dell’anteguerra e poi si lamenta, poveraccio, che sono difficili da usare. Questi siparietti contribuiscono a rendere leggermente atipico e lievemente trash un film dove il tasso di gore è comunque altissimo: oltre al “festone umano” c’è anche una sorta di Allegro Chirurgo vivente, dove uno dei poveri pazienti che vagano per l’ospedale riversa tutto ciò che il corpo umano può contenere addosso alla malcapitata sciacquetta di turno. E devo dire anche che un paio di scene di tortura mi hanno costretta a distogliere lo sguardo, il che non è poco per una che ormai è abituata agli horror come me. Insomma, l’ennesimo film horror di routine, magari leggermente superiore ad altri, che però lascia un po’ il tempo che trova… assieme a una domanda: a che serve tenere alcuni pazienti vivi anche se mutilati in giro per l’ospedale, mentre altri vengono selvaggiamente uccisi? Semplice fortuna, innata simpatia o altro? Ma in fondo, perché chiederselo, quando non lo sapranno neanche gli sceneggiatori…

Adam Gierasch è regista e sceneggiatore del film. E’ stato uno degli sceneggiatori de La terza madre di Dario Argento (il che è indicativo...), e dopo Autopsy ha diretto altre due pellicole, sempre horror. Di costui non si riesce a capire che età abbia e dove sia nato di preciso, ma a naso gli darei sui quarant’anni e anche una nazionalità americana.

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Robert Patrick interpreta il dottor Benway. L’attore americano ha avuto il suo momento di fama e gloria vestendo i panni del terribile cyborg T-1000 in Terminator 2 – Il giorno del giudizio (ruolo che ha omaggiato e ripreso, meno seriamente, in Fusi di testa e Last Action Hero – L’ultimo grande eroe), e ha partecipato anche ad altri film come 58 minuti per morire, Striptease, Spy Kids, Charlie’s Angels: più che mai, L’uomo che fissa le capre, a serie come Racconti di mezzanotte, Oltre i limiti, I Soprano, X – Files, Lost e doppiato un episodio di American Dad!. Ha 53 anni e cinque film in uscita.

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Michael Bowen interpreta uno dei due infermieri folli, Travis. Texano, mi sento in dovere di parlarne perché me lo ricordo bene nel ruolo dello schifoso Buck in Kill Bill volume 1. Tra gli altri suoi film segnalo Il Padrino parte terza, Beverly Hills Cop III, Love & una 45, Jackie Brown, Magnolia; sterminate anche le serie tv alle quali ha partecipato: Chips, Supercar, The A – Team, 21 Jump Street, ER, NYPD, JAG – Avvocati in divisa, Nash Bridges, Walker Texas Ranger, X – Files, Bones, Criminal Minds e CSI. Ha 58 anni e quattro film in uscita.

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Robert LaSardo interpreta l’altro infermiere pazzo, Scott. Attore americano assolutamente inconfondibile soprattutto per la miriade di tatuaggi che lo ricoprono, io lo assocerò sempre al telefilm Nip/Tuck e allo splendido e irritante ruolo del gangster Escobar Gallardo, che tanto ha perseguitato i due protagonisti, anche dopo la morte. Cinematograficamente parlando, ha recitato in Corto Circuito 2, Léon, Waterworld, Nightwatcher – Il guardiano di notte e Wishmaster 2 – Il male non muore mai, mentre tra le altre serie per le quali ha lavorato segnalo Law & Order, Renegade, Più forte ragazzi, X – Files, Nash Bridges, The Shield, NYPD, Cold Case, Ghost Whisperer, Bones, General Hospital, CSI, CSI Miami e Criminal Minds. Anche sceneggiatore e produttore, ha 48 anni e tre film in uscita.

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Tra i protagonisti “giovani”, segnalo solo Jessica Lowndes (Emily) e solo per essere stata protagonista di Dance of the Dead, l’episodio diretto da Tobe Hooper della prima serie di Masters of Horror. Se vi piace il genere, l’ideale sarebbe recuperare l’ameno Cabin Fever, oppure un filmetto stupido ed innocuo come Dottor Giggles, che vidi tanto tempo fa a Notte Horror. E ora vi lascio con il trailer del "gioiello"... ENJOY!

venerdì 25 marzo 2011

Il Rito (2011)

Immancabile dopo il solito trailer devastante, la corsa al cinema per vedere un film come Il rito (The Rite), diretto dal regista Mikael Håfström. Come spesso accade, la troppa attesa ha coinciso con una mezza delusione.

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Trama: Michael lavora col padre in una ditta di pompe funebri. Per dare un’allegra svolta alla sua vita decide di tentare la via del seminario, ma inutilmente: il ragazzo non ha fede. Tuttavia, un prete illuminato decide di mandarlo a Roma per fargli seguire un corso sugli esorcismi, come ultima spiaggia prima di rinunciare definitivamente a prendere i voti. Lì, il buon Michael incontra padre Lucas, esorcista da anni, e si ritrova a dover mettere il proprio scetticismo a dura prova…

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Che peccato. E’ la prima cosa che ho pensato appena il film è finito. Che peccato, perché anche se Il Rito mi ha messo addosso una fifa boia (naturale, come ha detto il mio amico all’uscita del cinema “A me basta che ci sia gente che avvita la testa e bestemmia, mi diverto”. Con me vale la massima “basta che ci sia gente che avvita la testa e bestemmia, muoio di paura”), fifa peraltro svanita dopo un’ora visto che ho dormito bene la notte, per il resto non racconta niente di nuovo. Certo, per una volta si tenta di affrontare gli esorcismi con un approccio quasi scientifico, molto legato alla psicologia, distante dal baracconismo, almeno nella prima parte del film. Non c’è vomito verde, per intenderci, o gente che si attacca ai muri o tutta l’iconografia horror a cui siamo abituati fin dai tempi de L’Esorcista, anzi: attraverso il punto di vista “scettico” di Michael ci troviamo ad osservare qualcosa che potrebbe anche non essere vero, che potrebbe derivare semplicemente da schizofrenia o altre turbe psichiche. Per questo Il Rito, almeno fino a metà, è ben costruito ed inquietante, alterna fenomeni decisamente soprannaturali a spiegazioni quasi razionali degli stessi, mostrandoci Padre Lucas come fosse un cialtrone.

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Ma dopo che il cialtrone in questione viene posseduto (no, non è uno spoiler, si capisce anche dai trailer, via…) la storia cambia e si concentra di più sugli effetti horror e sulla mancanza di fede di Michael, sovvertendo tutti i bei concetti espressi fino a cinque minuti prima. Innanzitutto, il personaggio di Hopkins aveva chiarito come per un esorcismo ben riuscito ci volessero mesi, a volte anni… e parliamo di un esorcista anziano ed esperto. Aggiungiamo anche che, per un buon esorcismo, bisogna arrivare a conoscere il nome del Demone implicato, “la cosa che i Demoni custodiscono più gelosamente”. Dopo queste premesse ragionevoli, purtroppo bastano un novizio e una “civile” per affrontare uno dei demoni più potenti delle schiere di Satana, ed ottenere il suo nome su un piatto d’argento. Ho capito che il film in qualche modo deve finire, ma la cosa mi sa di bestialità messa lì da sceneggiatori in panne. Come è una bestialità il fatto che Michael decida di intraprendere la via del seminario perché “Nella mia famiglia o si lavora nelle pompe funebri o si diventa preti”. Ma Cristo, sei un bel ragazzo, sei intelligente e tutto… ma fuggi da quella città di morti e vai all’università, sei pure senza fede, cosa vai a farti prete???!! Bah.

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E Bah anche all’interpretazione di Hopkins: Tonino, hai vinto un Oscar, mi hai interpretato il maniaco più affascinante della storia del cinema… perché ora vaghi per Roma, in mezzo ai gatti ed assumi la stessa espressione di un gatto di marmo?!? Ho capito che il personaggio probabilmente non ti convinceva e che i momenti più esilaranti, tuo malgrado, sono legati a Padre Lucas e all’orrendo doppiaggio italiano (non esiste che durante un horror “demoniaco” io scoppi a ridere alla vista di un Hopkins spiritato che di fronte ad una bimbetta esclama “che cariiiinaaaaaa!” prima di tirarle un ceffone e cominciare a vagare seminudo per Roma…): nei momenti di possessione Hopkins torna ad essere il grande attore che tutti conosciamo, ma per il resto la sua interpretazione è inqualificabile. Non pervenuta anche la nostrana Cucinotta (credo che il suo sia il cameo più inutile della storia del cinema…) e anche il personaggio del padre di Michael, interpretato da Rutger Hauer, pare messo lì giusto per giustificare una sorta di trauma infantile che ha spinto il protagonista verso le scelte che ha fatto. Ma la cosa forse peggiore del film è che Il rito dona per un attimo l’illusione di un finale inquietante, coraggioso e sovversivo.. che invece si affloscia nella sconcertante banalità di una “storia vera”. Ripeto: che delusione.

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Di Anthony Hopkins, che interpreta Padre Lucas, ho già parlato qui.

Mikael Håfström è il regista del film. Svedese, tra le sue pellicole ricordo 1408 (che devo ancora vedere, mannaggia!) e l’orrendo Derailed – Attrazione letale. Anche sceneggiatore, ha 51 anni.

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Rutger Hauer interpreta il padre di Michael, Istvan Kovak. Attore olandese attivissimo e per questo molto conosciuto soprattutto negli anni ’80, lo ricordo per film storici come Blade Runner, che lo ha consacrato nell’Olimpo dei miti cinematografici (“Ho visto cose che voi umani non potete immaginare…”), lo splendido Ladyhawke, The Hitcher – La lunga strada della paura, Confessioni di una mente pericolosa, Sin City, Batman Begins e altri film meno belli come Furia cieca, Buffy l’ammazzavampiri, Hemoglobin – creature dall’inferno, ‘Salem’s Lot e l’imbarazzante schifo nostrano Barbarossa. Ha lavorato anche per la TV, partecipando ad episodi di serie come Alias e Smallville. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 67 anni e sette film in uscita tra cui, ahimé, ahitutti!, ciò che si candida per essere la ciofeca principe del 2012 (e speriamo che il mondo finisca davvero prima che lo completino!): Dracula 3D di Dario Argento, dove l’attore Olandese dovrebbe interpretare nientemeno che Van Helsing. OVVoVe!!!!

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Colin O’ Donoghue interpreta Michael. Nonostante sia il protagonista la sua carriera è appena agli inizi e l’unica cosa degna di nota nella sua filmografia è una partecipazione al serial I Tudors. Irlandese, ha 30 anni e un corto in uscita.

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Alice Braga interpreta Angelina. Nel post dedicato a Predators non l’avevo nominata, così lo faccio adesso, segnalando la sua partecipazione anche a film come City of God e Io sono leggenda. Brasiliana, ha 28 anni e un film in uscita.

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Maria Grazia Cucinotta interpreta la zia Andria. Procace attrice siciliana assai quotata anche all’estero (non ai livelli della Bellucci però), la ricordo per film “memorabili” come Vacanze di Natale ’90, Abbronzatissimi 2 – Un anno dopo e anche, per fortuna, film più dignitosi come Il postino e Ho solo fatto a pezzi mia moglie. Ha partecipato ad un episodio della serie I Soprano e ne ha doppiato uno de I Simpson. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 43 anni e quattro film in uscita.

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Il Rito ha un’aura “potteriana”, se vogliamo. Tra gli altri attori presenti, infatti, c’è colui che in originale dona la voce all’elfo Dobby, Toby Jones, nei panni di Padre Matthew, e anche l’irlandese Ciarán Hinds, che ritroveremo nella seconda parte di Harry Potter e i doni della morte col ruolo di Aberforth Silente, mentre qui interpreta Padre Xavier. Se vi piace il genere, mi butterei sui grandi classici L’Esorcista e Il presagio, forse anche su Amityville Possession. E ora guardatevi il trailer originale, con la bella voce di Anthony Hopkins, è meglio!! ENJOY!

martedì 22 marzo 2011

Mash (1970)

Esistono dei film molto particolari, che non possono rientrare semplicemente in una sola categoria. M.A.S.H., diretto nel 1970 dal regista Robert Altman, è un esempio calzante di questa mia affermazione. La pellicola, che ha vinto l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale (tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore Richard Hooker, pubblicato nel 1968), può sicuramente essere definita una commedia, ma anche un film di guerra a tutti gli effetti.


Trama: durante la guerra di Corea, due abili chirurghi, Hawkeye (Falco, in italiano) e Duke, vengono trasferiti in un ospedale da campo militare. Lì si scontrano con il bigotto ed incapace maggiore Burns, si alleano con il chirurgo McIntyre, e cercano di superare gli orrori della guerra con umorismo, alcool e soprattutto donne.


Se dovessi definire con un termine MASH, mi verrebbe in mente commedia nera. E’ innegabile che il film faccia ridere, però sono risate che si mescolano alla vista di serissimi e continui interventi chirurgici, che ci ricordano sempre dove si trovano i personaggi. Altman non gira una commedia demenziale alla Animal House, per intenderci, anche se i temi trattati (ribellione alle autorità, donne, alcool, problemi sessuali, sfide da vincere contro spocchiosi nemici ecc. ecc.) sono per lo più gli stessi: il regista vuole immergerci nella realtà della guerra, e mostrarci come dei competentissimi chirurghi possano riuscire a non diventare pazzi e a sopravvivere, continuando a svolgere un lavoro che hanno scelto in un contesto che sicuramente avrebbero voluto evitare. La competenza, quindi, va di pari passo con l’indisponenza, con la mancanza di rispetto, con la palese infrazione delle regole, che nel film vengono incarnate non già dal povero e debole colonnello Blake, il cui unico obiettivo è vivere tranquillo e tormentare il povero Radar, ma dal Maggiore Burns e dal Maggiore Houlinan, alias Bollore: il primo è un bigotto ed un chirurgo incompetente, capace solo di fomentare panico e dispensare vergogna, mentre la seconda è una fanatica della disciplina militare, tanto bella quanto fredda e “maschile”, in un certo senso, e per questo vittima dei pesanti scherzi di Hawkeye e compagni.


Sì, perché le donne sono allo stesso tempo necessarie e subordinate all’interno del film. La figura dell’infermiera è indispensabile al lavoro dei chirurghi ma anche al buonumore dei soldati, che non perdono occasione per portarsene a letto qualcuna, in barba a mogli e fidanzate lontane. Questa doppia valenza della donna si può vedere nel primo dei quattro episodi in cui è idealmente diviso il film: nel primo Bollore viene apprezzata come infermiera, ma assolutamente messa in ridicolo come donna, tanto da beccarsi il poco simpatico soprannome e perdere ogni autorità davanti ai compagni e ai superiori, finché negli ultimi due episodi non la vediamo accettare il suo ruolo di trastullo sessuale ed ochetta, solo per essere accettata. Nel secondo episodio, invece, si vede come “dovrebbe” essere la donna ideale del gruppo: disponibile ad aiutare in ogni modo, con buona pace del povero Cassiodoro che pensava già di essere diventato un gay impotente nonostante gli attributi fuori dal comune. E proprio in questo secondo episodio viene ripresa l’amaramente ironica ballata iniziale (scritta peraltro dal figlio quattordicenne del regista, Mike): “Suicide is Painless/ it brings on many changes/ and you can take or leave it if you please”; quasi tutti i personaggi scelgono di affrontare la vita evitando la soluzione facile e meno dolorosa, ovvero il suicidio, il dentista Cassiodoro (alias Painless, appunto, in originale) sceglierebbe invece di smettere di combattere, sopraffatto dalla perdita della virilità, ad aggiungersi a tutte le brutture della guerra.


Passando ad aspetti più tecnici, la pellicola è ovviamente molto ben diretta, e anche ben recitata. Traspaiono purtroppo la maretta che doveva esserci sul set e la tensione tra regista e produttori, elementi che si mescolano a parecchia improvvisazione: il risultato, quindi, è ibrido come il film, ovvero una sensazione di generale “diffidenza” e di rigidità che si mescola a scene ottimamente riuscite e naturalissime. Tra i quattro episodi, il terzo è quello dove viene mostrata meglio quella dicotomia di cui parlavo all’inizio, con i due chirurghi che fanno il bello e il cattivo tempo all’interno di un ospedale militare approfittando della loro bravura, mentre i primi due episodi sono sicuramente i più divertenti; nel secondo, soprattutto, Altman si sbizzarrisce con immagini decisamente artistiche, mostrandoci l’Ultima Cena di Cassiodoro con una tavolata di personaggi messi nelle stesse posizioni immortalate da Leonardo nel suo capolavoro, ed una scena molto “disneyana”, con una principessa che risveglia il bello addormentato in un modo un po’ poco ortodosso. Particolarissima anche la colonna sonora, zeppa di “storici” pezzi americani cantati in giapponese ed inframmezzata da improbabili annunci con l’altoparlante, un rumore di sottofondo costante che ci accompagna fino agli intelligenti titoli di coda, dove viene presentato il film della serata… ovvero MASH, appunto. In definitiva, come film MASH mi piace e lo consiglio. Molto probabilmente non è facile da apprezzare come un Animal House o un Blues Brothers, ma a mio avviso è un importante pezzo di storia cinematografica, specchio di un’epoca neanche troppo lontana.


Di Donald Sutherland, che interpreta Hawkeye Pierce, ho già parlato qui.

Robert Altman è il regista della pellicola. Grandissimo “vecchio” del cinema americano, lo ricordo per splendidi film come Nashville, America oggi, Gosford Park e Radio America, la sua ultima opera. Inoltre, si è fatto le ossa con serie televisive come Alfred Hitchcock presenta e Bonanza. Altman è morto di leucemia nel 2006, all’età di 81 anni.


Robert Duvall interpreta il maggiore Frank Burns. Uno dei più grandi attori americani viventi, i fan lo ameranno innanzitutto per il ruolo di Tom Hagen nella trilogia de Il Padrino, io l’ho semplicemente adorato nei panni del Colonnello Kilgore in Apocalypse Now, ma ha partecipato a molti altri film come Il buio oltre la siepe, Quinto potere, Terrore dallo spazio profondo, Colors – Colori di guerra, Giorni di tuono, Un giorno di ordinaria follia, Qualcosa di cui… sparlare, La lettera scarlatta, Phenomenon e A Civil Action, che gli ha fatto vincere l’Oscar come miglior attore non protagonista. Ha inoltre partecipato a serie come Alfred Hitchcock presenta, Ai confini della realtà e The Outer Limits. Ha 80 anni e un film in uscita.


Elliott Gould interpreta John McIntyre. Americano, i più lo ricorderanno per avere interpretato il papà di Monica e Ross in Friends; io lo ricordo anche per una trashata nazionale come I miei primi quarant’anni (per chi se lo fosse scordato è un orrendo biopic che racconta la vita di Marina Ripa di Meana, come se a qualcuno ne fosse fregato qualcosa…), lo Shining televisivo, American History X, Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco, Ocean’s Twelve e Ocean’s Thirteen. In TV ha lavorato per telefilm come Ai confini della realtà, La signora in giallo, Avvocati a Los Angeles, Masters of Horror, Law & Order e CSI e prestato la voce per serie come American Dad! e Kim Possible. Ha 73 anni e quattro film in uscita.


tn-500_19Tom Skerritt interpreta Duke Forrest. Americano, tra i suoi film ricordo il bellissimo Harold e Maude, Alien, La zona morta, Top Gun, Poltergeist III: ci risiamo, Fiori d’acciaio, Orchidea selvaggia 2, l’inguardabile La mia peggiore amica e Desperation, mentre per le serie a cui ha partecipato citerei Bonanza, Ai confini della realtà, Will & Grace, West Wing, Law & Order e La zona morta. Ha 78 anni e un film in uscita.


Fred Williamson interpreta “Spearchucker” Jones. Nonostante compaia pochissimo e praticamente solo verso il finale, mi sento in dovere di parlare quest’attore, visto che la sua faccia particolarissima e la sua verve hanno contribuito a rendere ancora più divertente un film che io adoro, Dal tramonto all’alba. Tra le sue altre pellicole ricordo Quel maledetto treno blindato (da cui Tarantino ha preso spunto per Inglorious Basterds), Gli adoratori del male e Starsky & Hutch; ha inoltre partecipato a serie come  Star Trek, Chips, Fantasilandia e Renegade. Americano, ha 73 anni e cinque film in uscita.


E ora, un paio di curiosità. Dal film e dal libro è stata tratta una serie televisiva dal titolo omonimo, andata in onda dal 1972 al 1983, che contava nel cast solo tre degli attori presenti nella pellicola: Gary Burghoff e G. Wood hanno mantenuto rispettivamente i ruoli di Radar e del Generale Hammond, mentre Timothy Brown, che nel film interpretava il Caporale Judson, nella serie ha preso il ruolo di Spearchucker. Esistono inoltre altri tre spin – off, uno dedicato completamente a McIntyre, uno che racconta i destini dei personaggi dopo la guerra di Corea e uno che racconta le peripezie di Radar all’interno della polizia. Se vi fosse piaciuto MASH, io vi consiglio di recuperare un altro classico contro la guerra: Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick. Un capolavoro. E ora vi lascio con il trailer di MASH... ENJOY!

martedì 15 marzo 2011

Colpo Grosso (1960)

Ammetto di non sapere nemmeno io il perché, ma in questi giorni ho deciso di conoscere un po’ quel gruppetto di attori/musicisti che prendeva il nome di Rat Pack, formato da pezzi grossi della musica internazionale quali Frank Sinatra, Dean Martin, Sammy Davis Jr., Joey Bishop e Peter Lawford. Così mi sono guardata Colpo Grosso (Ocean’s Eleven), film diretto nel 1960 dal regista Lewis Milestone e precursore del ben più famoso, almeno ai giorni nostri, Ocean’s Eleven con Brad Pitt e George Clooney.
Trama: un gruppo di veterani della seconda guerra mondiale, sotto la guida di Danny Ocean, decide di riunirsi e di tentare, appunto, il colpo grosso. Derubare, la notte di capodanno, cinque diversi casinò di Las Vegas nello stesso momento.


La prima parola che mi viene in mente per descrivere Colpo grosso è “piacione”. I protagonisti sono semplicemente meravigliosi nel loro modo di atteggiarsi a gran fighi che si destreggiano tra notti brave a Las Vegas, brillantina, giacca e cravatta, donne, alcool, fumo e ovviamente musica; hanno un atteggiamento assai atipico per gli ex militari che dovrebbero essere, e parrebbero invece dei raffinati “antenati” dei gangster cinematografici che sarebbero venuti dopo di loro. Il bello di Colpo Grosso, infatti, è che la trama potrebbe costituire l’ossatura di una qualsiasi puntata di Lupin (senza Jigen e Goemon, ahimé…): Ocean e i suoi undici amici sono la quintessenza del ladro gentiluomo, arrivano all’obiettivo “senza forza né violenza poiché fanno sempre tutto con prudenza” come diceva la buona Cristina D’Avena, seguendo una rigida disciplina e una precisione militare. Certo, purtroppo poi ci sono mogli, amanti e mamme a metterci lo zampino, come a dire che in guerra va tutto bene, tutto preciso perché sono gli uomini a gestirsi tra loro, mentre a Las Vegas è un altro paio di maniche. Se ci farete caso, infatti, scoprirete che tutti i piccoli imprevisti in cui incappano i dodici amici derivano dall’”infiltrazione” nel piano di svariate donne, e che il guaio più grosso viene provocato involontariamente dal fatto che la mamma di uno dei protagonisti ha deciso di sposare nientemeno che un ex gangster.


Per quanto riguarda il film in sé, risente un po’ del peso del tempo. Mentre i titoli disegnati dallo storico Saul Bass rimangono sempre di una bellezza rara e la mezza dozzina di canzoni che accompagnano il film sono piacevoli da ascoltare, la parte centrale di Colpo Grosso, ovvero quella che segue la presentazione dei personaggi e precede il furto e le complicazioni che ne derivano, è un po’ lenta e a tratti noiosa, risollevata solo dall’interpretazione degli attori: amici dentro e fuori dal set, l’affiatamento che li legava risulta palese anche allo spettatore più disattento, e si riescono a percepire un genuino divertimento e parecchia improvvisazione, che rendono il legame tra i personaggi molto più realistico e vivace. Simpatici anche i siparietti con il mandante del colpo, vittima di costanti scherzi telefonici da parte di Ocean e dei suoi, così come è delizioso il cammeo di Shirley McLane nei panni di una signora ubriaca che riesce a strappare un bacio a Dean Martin. Detto questo, Colpo Grosso è una “curiosità” che consiglio di vedere ai nostalgici ma non ai fan di Ocean’s Eleven e dei suoi seguiti, c’è troppa discrepanza di ritmo ed atmosfera. Chiamatemi snob ma io, nonostante il remake mi sia piaciuto, preferisco il Rat Pack.


Lewis Milestone è il regista del film. Di origine russa (il suo vero nome era Lev Milstein), ha diretto film come Niente di nuovo sul fronte occidentale (di cui sta per arrivare un remake con protagonista Daniel Radcliffe) e Gli ammutinati del Bounty. E’ morto nel 1980, all’età di 84 anni.


Frank Sinatra (vero nome Francis Albert Sinatra) interpreta Danny Ocean. The Voice, così veniva chiamato, oltre ad essere uno dei cantanti più famosi ed universalmente conosciuti dell’epoca, ha recitato anche in parecchi film tra i quali Da qui all’eternità e Il giro del mondo in ottanta giorni e ha fatto addirittura una comparsata in un episodio di Magnum P.I. Originario del New Jersey, è morto nel 1998, all’età di 82 anni.


Dean Martin (vero nome Dino Paul Crocetti) interpreta Sam Harmon. Cantante e attore la cui fama è seconda forse solo a quella di Frank Sinatra, lo ricordo per film come Il nipote picchiatello, il bel Un dollaro d’onore e La corsa più pazza d’america, inoltre ha partecipato ad un episodio di Charlie’s Angels. Originario dell’Ohio, è morto nel 1995, all’età di 78 anni.


Sammy Davis Jr. interpreta Josh Howard. Famoso più come cantante e showman che come attore, lo ricordo per le partecipazioni in film come La corsa più pazza d’america e in serie televisive come General Hospital, Una moglie per papà, Fantasilandia, I Robinson e Hunter. Originario di Harlem, è morto nel 1990 all’età di 64 anni.


Come ho già detto, il film ha dato origine al “filone” Ocean’s Eleven, che ad oggi conta tre pellicole: quella omonima del 2001, Ocean’s Twelve nel 2004 e Ocean’s Thirteen nel 2007. Se vi fosse piaciuto Colpo grosso, vi direi di recuperarle tutte e tre, magari assieme a The Italian Job, sia l’originale che il divertentissimo remake. E ora vi lascio con il trailer di Colpo grosso... ENJOY!!


domenica 13 marzo 2011

Piranha 3D (2010)

Dopo la visione di tre film meravigliosi ed impegnati come Il discorso del re, Il grinta e Il cigno nero, il mio cervello aveva bisogno di una “lavata” e tornare a regimi più terra terra per poter riprendere a funzionare. Così ieri sera sono andata a vedere Piranha 3D, diretto da Alexandre Aja ed uscito in Italia con ovvio e spaventoso ritardo (uscita USA: agosto 2010… ). Ancora una volta ho avuto la dimostrazione che non bisogna mai dare letta a quel che si legge, prima di andare a vedere un film…

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Trama: Lake Victoria, tempo di Spring Break. Peccato che la festa rischi di tramutarsi in una carneficina quando il lago affollato di bagnanti viene invaso da branchi di piranha preistorici. Un gruppetto di superstiti cercherà ovviamente di fermare le mordaci bestiole.

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Girando per la rete e dando un’occhiata alle varie recensioni mi sono resa conto che il “critico” medio è fondamentalmente uno snob, uno che va a vedere un film intitolato Piranha… e si aspetta di trovarci dentro la poesia, la perfezione, il messaggio impegnato. Effettivamente, il buon Joe Dante, che già negli anni ’80 ci aveva infuso il timore atavico di ricevere un morso nelle chiappe da parte di branchi di pesci zannuti, dava la colpa di tutto alla sconsideratezza umana e all’inquinamento, cercando di farci un po’ riflettere. Ma, guardiamo in faccia la verità: di questi tempi quale teenager o ventenne medio recepirebbe un simile messaggio, vista la realtà in cui viviamo? Quindi Aja non ci prova neppure, e confeziona un film perfetto. Non mi vergogno ad ammetterlo. Piranha 3D è perfetto nel suo essere puro, decerebrato e catartico entertainment: mette la giusta ansia, regala gore a fiumi, è perfidamente ironico, a tratti anche un po’ trash ed omaggia i fan e i nostalgici degli anni ’80 con delle guest appearence quasi commoventi.

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L’unica pecca che trovo a Piranha 3D, sorvolando su qualche ovvio “sbragamento” a livello di trama (il proprietario di un negozio di pesca in un paesino sperduto che è praticamente il massimo esperto mondiale di pesci preistorici, un’esplosione subacquea e altre piccole prodezze…) è proprio il 3D. Inutile come al solito, rischia anzi di rovinare le splendide riprese subacquee del film, aprendolo con un orrendo vortice digitale che inghiotte una povera barchetta solitaria e relativo pescatore solitario. Per il resto, gli effetti speciali (Nicotero & Berger, mica pizza e fichi!!) sono da voto 10 e anche abbastanza impressionanti visto che Aja non ci risparmia scarnificazioni, smembramenti, corpi che si spezzano in due, facce che vengono via e quant’altro. A dire il vero il sangue scorre a fiumi, ma non quanto il silicone: a momenti ci sono più tette, culi e (come direbbe la Elliott di Scrubs) baginghe che sangue, oltre che un picco trash non indifferente quando due pescetti si contendono il membro di una delle povere vittime (sputandolo poi peraltro disgustati, non oso immaginarne il motivo…), quasi a rimarcare il target per cui è stato confezionato Piranha 3D. Niente di troppo serio comunque, l’ironia la fa da padrona anche in questo caso, e fortunatamente gli attori l’hanno capito, perché non ce n’è uno che non reciti al meglio e nella piena comprensione dello spirito tamarro di un simile film. Assolutamente perfetti Jerry O’ Connell nei panni del laido produttore di filmati pornografici e anche le partecipazioni speciali di gente del calibro di Eli Roth nei panni di un improbabile dj impegnato nella presentazione di Miss Maglietta Bagnata, il mitico Christopher Lloyd che ci riporta ai tempi in cui, con faccia spiritata, avvertiva Marty dei pericoli legati ai paradossi spazio – temporali, l’invecchiato Ving Rhames che spazza via piranha a colpi di pale di motoscafo e, per finire, Richard Dreyfuss nei panni del pescatore solitario, sopravvissuto a Lo Squalo ma non ai Pirahna, ahilui. Da vedere, magari con un megapacco di popcorn tra le mani!

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Del regista Alexandre Aja ho già parlato qui. Eli Roth (che si sta piano piano avvicinando a diventare il mio idolo) lo trovate qua, il divino Christopher Lloyd invece è stato nominato in questo post.

Jerry O’ Connell interpreta Derrick. Americano, tra i suoi film ricordo il bellissimo Stand By Me – Ricordo di un’estate, Jerry Maguire, l’esilarante Giovani, pazzi e svitati e Scream 2. Ha inoltre partecipato alle serie Il mio amico Ultraman e I viaggiatori. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 37 anni.

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Elisabeth Shue interpreta lo sceriffo Julie. Indimenticabile nei panni della ragazza di Marty (a proposito di Doc!) in Ritorno al futuro II e III, tra gli altri film in cui compare segnalo Karate Kid - Per vincere domani, Link, 4 fantasmi per un sogno, L’uomo senza ombra e Nascosto nel buio. Anche produttrice, ha 48 anni e due film in uscita.

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Ving Rhames (vero nome Irving Rameses Rhames) interpreta il poliziotto Fallon. A proposito di personaggi indimenticabili, quest’uomo è stato nientemeno che il Marcellus Wallace di Pulp Fiction, oltre ad aver partecipato a film come La casa nera, Il bacio della morte, Mission: impossible, Striptease, Con Air, Out of Sight, Al di là della vita e L’alba dei morti viventi e aver doppiato l’agente Bubbles nello splendido Lilo & Stitch. Ha anche partecipato ad alcuni episodi di Miami Vice e E.R. Newyorchese, anche produttore, ha 52 anni e 4 film in uscita.

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Richard Dreyfuss interpreta lo sfortunato Matt Boyd. Attore americano, oltre che per il già citato Lo Squalo lo ricordo per film come Il laureato, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Stand by me – Ricordo di un’estate, Pazza, Always per sempre, il meraviglioso Rosencrantz e Guilderstern sono morti e Rosso d’autunno. Per la TV, ha lavorato nelle serie Vita da strega e Weeds, oltre ad aver doppiato un episodio de I Griffin. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 64 anni e tre film in uscita.

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Tra le altre guest star presenti nella pellicola segnalo Ricardo Chavira, il mitico Carlos delle Desperate Housewives, nei panni di uno sfortunatissimo sub, Frank Khalfoun, regista di P2: livello del terrore (film scritto da Alexandre Aja), in quelli di un poliziotto e, infine, Gregory Nicotero, responsabile degli effetti speciali del film, nel ruolo di un marinaio. Avrebbero dovuto essere presenti anche Joe Dante e James Cameron (registi rispettivamente di Piranha e Piranha paura) nei panni di capitani, ma quest’ultimo era troppo impegnato, pare, per partecipare. Ovviamente, è già in cantiere il seguito, Piranha 3D: The Sequel, che dovrebbe uscire in America ad agosto e sarà diretto da John Gulager, regista del famoso Feast, che devo ancora vedere. Tra gli interpreti, segnalo Tara Reid, già vista in Urban Legend, American Pie e Cruel Intentions. Inoltre, pare che i fan potranno scegliere quale personaggio famoso fare morire durante il film. Andiamo bene…Comunque, se vi piace questo genere di film sanguinosissimo ma faceto, divertitevi a cercare e guardare Tagli al personale, Ammazzavampiri, Denti o Giovani diavoli. E ora vi lascio con il trailer originale del Piranha di Joe Dante... inquietante nonostante l'età!! Enjoy!

martedì 8 marzo 2011

Il cigno nero (2011)

La settimana scorsa ho finalmente finito di vedere tutti i film che avevo intenzione di gustarmi in questo ricco periodo. Una conclusione magnifica, perché Il cigno nero (Black Swan) di Darren Aronofsky è un’esperienza indimenticabile.

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La trama: Nina ha un’ambizione, divenire prima ballerina. L’occasione le si presenta quando il direttore della sua compagnia decide di mettere in scena Il lago dei cigni e la sceglie per il ruolo del cigno bianco… a patto che Nina impari anche ad interpretare la gemella malvagia, il cigno nero, annullando sé stessa ed il suo carattere timido e remissivo.

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Il mio commento a caldo all’uscita del cinema è stato: “che trip”. Effettivamente, Il cigno nero è un viaggio allucinante all’interno di una mente che si spezza, costellato di allucinazioni strettamente intrecciate alla realtà. Aronofsky prende per mano lo spettatore e attraverso l’interpretazione di una meravigliosa Natalie Portman lo introduce nel mondo della danza, così perfetto e delicato in apparenza quanto corrotto e fragile all’interno. Un ambiente che distrugge le persone dal carattere debole e le lega al desiderio di primeggiare a tutti i costi. Ed è quello che succede a Nina, una ragazza “bambina”, una ballerina accudita amorevolmente da una madre “padrona” che cerca di rivivere attraverso la figlia il successo che lei non potrà più avere. Nina è schiva, remissiva, insicura, timorosa di esprimere sé stessa ed ossessivamente alla ricerca della perfezione formale. E’ un cigno bianco perfetto, insomma, quasi imprigionata nella sua bellezza e nella sua purezza, come se fosse una seconda, impenetrabile pelle. Il problema è che allo spregiudicato direttore Thomas questa perfezione formale, priva di passione, non basta, perché quello che gli serve è avere un’Odette in grado di trasformarsi in Odile, un Cigno Bianco ed un Cigno Nero uniti in un unico corpo. E quando nella compagnia arriva Lily, bellissima, sensuale, piena di vita, pericolosa in un certo senso, un perfetto Cigno Nero, la fragile psiche di Nina si spezza sotto la pressione ed il senso di inferiorità e comincia un dramma che non potrà avere un epilogo felice.

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La bellezza de Il cigno nero sta nel modo in cui verità ed allucinazione si uniscono e nel modo in cui la realtà dei protagonisti diventa, a poco a poco, indistinguibile dalla storia de Il lago dei cigni. Aronofsky costruisce la pazzia di Nina in modo quasi certosino, a partire dalle prime scene del film, dove la ragazza intravede nella metro quello che sembrerebbe un suo oscuro doppio speculare (a proposito di specchi, quasi in ogni scena c’è una superficie riflettente tranne nel finale, per un motivo che sarà ben chiaro se avrete modo di vedere il film). Proseguendo nella visione de Il cigno nero sia Nina che lo spettatore arrivano a chiedersi se quel doppio non sia in realtà l’amica – nemica Lily, che in effetti incarna tutto ciò che la protagonista reprime e che Thomas cerca di tirare fuori. Il direttore della compagnia è uno schifoso e laido profittatore, che usa le ballerine finché gli sono utili e poi le abbandona al loro destino; il personaggio di Beth, interpretato da Winona Ryder, è patetico e tristemente crudele, perché rappresenta il futuro di gloria effimera e totale disfatta che attenderà anche Nina, in quanto “principessina” dell’uomo. Nonostante tutto, la ragazza si innamora del suo crudele maestro, ed è qui che cominciano chiaramente il parallelo con Il lago dei cigni (Odette si innamora del principe, e non è un caso che Thomas di cognome faccia LeRoy…) e l’annullamento di Nina.

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Aronofsky non lascia nulla al caso: dalla cameretta colma di pupazzi nella quale si rifugia la protagonista, agli inquietanti quadri dipinti dalla madre, dal tatuaggio a forma di ali sulla schiena di Lily al vizio che ha Nina di graffiarsi la pelle della schiena, come se sotto ci fossero delle ali che aspettano di spuntare e che premono per uscire, per liberarsi da quell’involucro umano, ogni dettaglio è un tassello per comprendere la psicologia della protagonista ed è un preludio al sanguinoso, splendido ed inquietante finale. Come raramente accade, le immagini violente, quelle legate al sesso ed i pochi effetti speciali sono assolutamente funzionali ed indispensabili al proseguire della trama. E a proposito di immagini, le coreografie sono eccezionali ed emozionanti come i costumi, scandite dalle note ben conosciute ed ottimamente eseguite de Il lago dei cigni di Tchaikovsky; lo spettacolo finale riesce a fare quello che il 3D, per quanto verrà perfezionato, non riuscirà mai a fare, ovvero annulla completamente la barriera che separa lo spettatore dal film, e dona l’illusione di trovarsi davvero a teatro ad ammirare la splendida Nina che balla. E a tal proposito: l’Oscar che ha portato a casa la Portman per questo film è meritatissimo, visto che è riuscita ad infondere anima e vita ad uno dei personaggi più complessi che abbia mai visto al cinema in questi ultimi anni.

Darren Aronofsky è il regista della pellicola. Prima de Il cigno nero non avevo mai visto un suo film, ma Requiem for a Dream e The Wrestler sono molto famosi e penso che prima o poi rimedierò guardandoli. Il regista americano, anche produttore, sceneggiatore e, talvolta, attore, ha 42 anni e due film in progetto tra cui l’adattamento del Wolverine di Frank Miller. Se tanto mi da tanto ne verrà fuori una cosa splendida!

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Natalie Portman interpreta Nina. Attrice israeliana che ha esordito giovanissima in un ruolo difficile come quello di Mathilda nel Léon di Luc Besson, la ricordo per altri film come Heat – La sfida, Mars Attacks!, Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma, Star Wars: Episodio II – L’attacco dei cloni, Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith, V per Vendetta e Un treno per il Darjeeling, oltre che per aver doppiato un episodio de I Simpson. Anche produttrice, regista e sceneggiatrice, ha 30 anni e due film in uscita.

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Mila Kunis interpreta Lily. Data la sua straordinaria bellezza non lo si direbbe mai, ma l’attrice ucraina presta la voce ad un personaggio che di bello non ha proprio nulla e la sua famiglia passa il tempo a ribadirglielo in continuazione. Non avete ancora capito di chi si tratta? Sto parlando della povera Meg, la bistrattata figlia de I Griffin. Niente di più diverso dalla bella Mila, che ha partecipato anche a film come l’inquietante (e introvabile ormai ahimé…) Milo ed American Psycho II, a serie come Baywatch, il geniale … E vissero infelici per sempre, Walker Texas Ranger e That’s 70’s Show e al doppiaggio di alcuni episodi di Robot Chicken. Ha 28 anni e tre film in progetto tra cui Oz: The Great and Powerful di Sam Raimi, che se mai uscirà andrò a vedere di corsissima.  

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Vincent Cassel interpreta Thomas Leroy. Marito della Monica Bellucci nazionale e attore decisamente eclettico (oltre che molto affascinante..) lo ricordo per film come L’odio, Dobermann, Elizabeth, Giovanna D’Arco, I fiumi di porpora, l’orrendo Blueberry e l’altrettanto orrendo Derailed – Attrazione letale; inoltre ha prestato la voce al Robin Hood del primo Shrek. Francese, anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 45 anni e tre film in uscita, tra cui l’ultimo film di David Cronenberg e l’ennesima versione di Fantomas.

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Barbara Hershey interpreta la madre di Nina, Erica. A dimostrazione di quanto sono poco fisionomista, ho cercato di capire dove l’avessi vista per tutto il film, poi ho ricordato che l’attrice americana è stata una splendida Maria Maddalena ne L’ultima tentazione di Cristo di Scorsese. Tra gli altri suoi film, ricordo America 1929: sterminateli senza pietà, Un giorno di ordinaria follia e Ritratto di signora; ha anche partecipato ad episodi di Kung Fu ed Alfred Hitchcock presenta. Ha 62 anni e un film in uscita.

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Winona Ryder interpreta Beth. Non posso nemmeno spiegare quanto adoro questa attrice e quanto mi dispiace sapere che la sua carriera si è rallentata parecchio, visto che associo il suo viso alla maggior parte dei miei film preferiti, come Beetlejuice – Spiritello porcello, Edward mani di forbice, Dracula di Bram Stocker, Sirene, L’età dell’innocenza, La casa degli spiriti e Piccole donne. Speriamo che Il cigno nero coincida con la sua rinascita. Tra le altre pellicole a cui ha partecipato segnalo Giovani, carini e disoccupati, Alien: la clonazione, Lost Souls – La profezia, Simone, A Scanner Darkly; ha inoltre doppiato un episodio de I Simpson e partecipato a un episodio di Friends. Anche produttrice, ha 40 anni e due film in uscita, tra cui il Frankenweenie diretto da Tim Burton.

winona-ryder-black-swanE ora, lascio che siano le immagini a parlare, lasciandovi al trailer originale del film. ENJOY!!!

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